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Consiglio Valle Comuni | 05 giugno 2025, 08:55

Legge elettorale: Intervista a Erik Lavevaz, presidente I Commissione permanente - Istituzioni e autonomia, già presidente della Regione

Da sempre attento alle dinamiche istituzionali e statutarie, Lavevaz ha sostenuto la proposta approvata a febbraio e segue da vicino l’evolversi del confronto in vista del referendum confermativo previsto per agosto

Erik Lavevaz

Erik Lavevaz

Classe 1980, originario di Verrayes, Erik Lavevaz è un volto noto della politica valdostana. Già sindaco del suo paese e poi Presidente della Regione dal 2020 al 2023, oggi è consigliere regionale dell’Union Valdôtaine e uno degli esponenti più attivi nel dibattito sulla riforma della legge elettorale. Presidente Lavevaz, partiamo dall’inizio: cosa ha portato all’approvazione della nuova legge elettorale?
"È stata una legge faticosa, il frutto di un lavoro lungo e articolato, con l’obiettivo di migliorare almeno in parte il sistema elettorale valdostano. Non è la riforma perfetta, lo sappiamo tutti, e avevamo un obiettivo ben diverso, ma introduce due elementi che riteniamo fondamentali: la reintroduzione delle tre preferenze e la preferenza di genere, strumenti di partecipazione più equa e rappresentativa."

Eppure, oggi ci troviamo davanti a un referendum confermativo. È stata una sorpresa?
"Assolutamente no. Lo sapevamo sin dall'inizio: la legge è stata approvata con una maggioranza semplice, quindi era legittimo – e previsto – che si potesse chiedere un referendum. Quello che lascia perplessi è il tempismo di alcuni: dopo tre mesi di raccolta firme tra i gazebo, con slogan e talvolta informazioni distorte, sette consiglieri decidono di firmare per il referendum. Era una scelta politica che poteva essere fatta subito. Hanno voluto fare campagna sotto mentite spoglie."

Cosa intende per informazioni distorte?
"Molti cittadini, a sentir loro, credevano che il quesito riguardasse l’elezione diretta del Presidente della Regione, o chissà quale riforma epocale. Ma il quesito è chiarissimo: riguarda solo l’introduzione delle tre preferenze e della preferenza di genere. Nient’altro. Vendere lanterne per lucciole non aiuta né il dibattito né la fiducia nei confronti delle istituzioni."

C’è chi sostiene che la legge approvata sia incostituzionale. Cosa risponde?
"È un’accusa piuttosto debole. La nostra proposta prevede tre preferenze, con l’obbligo di esprimere la terza a favore di un candidato di genere diverso. È una norma già applicata da anni nei Comuni, mai impugnata da nessun governo. E la proposta del centrodestra? Cinque preferenze, ma senza alcuna garanzia di rappresentanza di genere. È paradossale che ora si ergano a paladini della Costituzione."

Anche buona parte della sinistra ha appoggiato il referendum. Come giudica questa scelta?
"Con lo stesso stupore. La sinistra estrema, che ha fatto della preferenza di genere una battaglia storica, oggi contribuisce a mettere in discussione proprio quella conquista. E non dimentichiamo che nella loro stessa proposta di legge elettorale – la numero 58 – le due consigliere firmatarie si sono divise in aula: una ha votato a favore, l’altra si è astenuta. Se due persone non riescono a trovare un’intesa sulla loro stessa proposta, possiamo davvero parlare di alternativa credibile?"

E sulla validità della legge per le prossime elezioni di settembre, cosa dice?
"La legge 4/2002 è chiara: il Presidente della Regione decide la data del referendum entro un margine preciso. Quanto all’applicazione della nuova legge, l’Ufficio elettorale regionale, attraverso la risposta data dal Presidente al CRE, è stato netto: il sistema modificato – con più preferenze e la rappresentanza di genere – si applicherà già a settembre. »

In conclusione, qual è il vero nodo politico di questa vicenda?
"Il vero problema non è la legge elettorale in sé, ma l’incapacità della politica di fare sintesi. A febbraio non abbiamo trovato i 24 voti per una riforma condivisa. Ci siamo accontentati di una riforma minima, ma concreta. Ora ci troviamo davanti a un referendum che rischia di confondere ancora di più le acque. Intanto, là fuori, la maggior parte dei valdostani si disinteressa. E forse non hanno tutti i torti."

In un contesto politico che spesso indulge in ambiguità e tatticismi, le parole di Erik Lavevaz riportano il confronto sulla legge elettorale al suo nucleo essenziale: garantire strumenti di partecipazione più giusti e trasparenti. Condividiamo la sua chiarezza nel distinguere tra informazione e propaganda, e la sua fermezza nel difendere una riforma che, pur migliorabile, rappresenta un passo avanti concreto verso una democrazia più inclusiva. In tempi di sfiducia e astensionismo, rivendicare il valore del voto consapevole e della rappresentanza di genere non è solo legittimo, è necessario. Merci

piero.minuzzo@gmail.com

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