Nella seduta pomeridiana di lunedì 15 dicembre 2025, il Consiglio regionale ha avviato l’esame congiunto del Documento di economia e finanza regionale, della legge di stabilità e del bilancio di previsione per il triennio 2026-2028. Un passaggio cruciale di fine legislatura, che ha messo a confronto due letture profondamente diverse dello stato di salute dei conti regionali e, soprattutto, delle prospettive della Valle d’Aosta dopo la fine della stagione straordinaria del Pnrr.
Per la maggioranza, a prendere la parola è stato il Presidente della seconda Commissione, Marco Sorbara, che ha rivendicato innanzitutto il metodo seguito: «Il Defr, la legge di stabilità e il bilancio analizzato sono stati oggetto di un confronto aperto con tutte le categorie e di un ascolto vero delle esigenze del territorio», sottolineando come dalle audizioni sia emerso «un generale apprezzamento per l’impianto strategico» degli atti. Un confronto avvenuto in tempi rapidi, ma che secondo il relatore «non ha nulla da invidiare ai tempi lunghi».
Il cuore della manovra è un bilancio che, includendo residui, fondi vincolati e partite di giro, vale 2 miliardi 16 milioni di euro nel 2026, per poi scendere a 1 miliardo 740 milioni nel 2027 e a 1 miliardo 662 milioni nel 2028. Numeri che Sorbara definisce come la fotografia di una Regione «solida, attenta e orientata alla conclusione del ciclo di investimenti straordinari legati al Pnrr», capace di mantenere «una finanza autonoma stabile, senza ricorso all’indebitamento e con priorità chiare: sanità, istruzione, enti locali, politiche sociali e investimenti».
La diminuzione progressiva delle risorse, secondo il relatore di maggioranza, non è un segnale di debolezza ma l’effetto fisiologico della fine dei programmi europei e del Pnrr. Le entrate finali, al netto delle partite di giro, passano infatti da 1 miliardo 662 milioni nel 2026 a 1 miliardo 540 milioni nel 2028 e derivano per oltre l’80% da tributi propri. «Il venir meno del ciclo Pnrr è comune a tutte le pubbliche amministrazioni italiane», ha spiegato Sorbara, aggiungendo che «si cominciano ad intravvedere gli effetti anche nei bilanci».
Un passaggio centrale riguarda il Fondo pluriennale vincolato, che scende dai 217 milioni del 2026 a soli 8 milioni nel 2028. Per la maggioranza è il segnale della conclusione di interventi avviati negli anni precedenti e della riduzione dei nuovi cicli di investimento vincolato. Per la minoranza, invece, proprio questo dato diventa uno dei punti più critici dell’intera manovra.
A ribaltare la lettura ottimistica della maggioranza è stato Andrea Manfrin, capogruppo della Lega Vallée d’Aoste e relatore di minoranza, che ha parlato senza mezzi termini di «vulnerabilità» strutturale del bilancio. «Risulta con forza l’insufficienza di risorse destinate a politiche sociali più incisive e al sostegno alle fasce più deboli, in un contesto di decrescita complessiva delle entrate», ha affermato, denunciando al contempo «l’eccessiva dipendenza da trasferimenti esterni, la rigidità della spesa corrente e la mancanza di misure strutturali per ridurre la pressione fiscale e stimolare la crescita economica privata».
Se per Sorbara la progressiva riduzione del Fondo pluriennale vincolato segnala una fase di chiusura ordinata degli investimenti, per Manfrin il trend opposto racconta un’altra storia: «La contabilizzazione pluriennale degli investimenti, se da un lato garantisce trasparenza sull’esigibilità, dall’altro può mascherare ritardi nell’attuazione di progetti cruciali», soprattutto alla luce del passaggio «da 217 milioni nel 2026 a soli 8 milioni nel 2028». Anche l’utilizzo anticipato dell’avanzo vincolato, pari a 23 milioni nel 2026, viene liquidato come «una misura tampone, insufficiente a compensare la contrazione delle risorse finali».
Sul fronte delle entrate complessive, Manfrin riconosce l’aumento nominale del 2026 rispetto al 2025, ma avverte che si tratta di un picco destinato a rientrare rapidamente: «Inclusi partite di giro, Fondo pluriennale vincolato e avanzo vincolato, il totale raggiunge i 2 miliardi 16 milioni per il 2026, ma con una prospettiva di contrazione che solleva interrogativi sulle disponibilità finanziarie regionali future». Da qui la definizione netta: «Il concetto di fondo non si può che riassumere con una definizione: vulnerabilità».
Anche sul lato delle spese le due letture divergono. La maggioranza rivendica una chiara gerarchia di priorità: oltre il 21% del totale destinato alla sanità, il 12,9% all’istruzione, l’11,3% ai trasferimenti agli enti locali e al contributo alla finanza pubblica statale, pari a 82,2 milioni l’anno. «La salute è l’asse centrale del welfare regionale», ha ribadito Sorbara, ricordando che nel solo 2026 quasi un quarto del bilancio è destinato agli investimenti, prima della fisiologica riduzione negli anni successivi.
Per Manfrin, però, «nonostante gli annunci sulla spesa per investimenti (458 milioni, pari al 25,29%), è di tutta evidenza che quella corrente rimane la voce principale», con una rigidità complessiva che limita i margini di manovra. Sul fronte sanitario, in particolare, «non si osservano miglioramenti apprezzabili, al di là di quanto, a cadenze regolari, viene dichiarato pubblicamente».
Il confronto si chiude con due visioni politiche quasi speculari. Da un lato Sorbara insiste sull’equilibrio finanziario, sull’assenza di nuovo debito e sull’alto livello di autonomia tributaria, pur richiamando le incognite future legate alle riforme fiscali nazionali e all’aumento della spesa sanitaria. «Il bilancio non è solo un insieme di numeri, ma una scelta di responsabilità collettiva», ha detto, auspicando per il futuro «un percorso capillare, partecipato e brillante» che coinvolga maggioranza e minoranza.
Dall’altro Manfrin riconosce la stabilità formale del documento, ma la giudica insufficiente a rispondere alle sfide strutturali della Valle d’Aosta, dall’invecchiamento demografico alla competitività del sistema regionale. L’auspicio finale è che il dibattito consiliare e gli emendamenti possano «concretizzare una maggiore equità sociale, efficienza e autonomia», al di là degli schieramenti.
Due narrazioni opposte, insomma: per la maggioranza un bilancio di transizione gestito con prudenza e responsabilità, per la minoranza un’occasione mancata per imprimere una svolta strutturale. Il confronto è appena iniziato, ma il messaggio politico è già chiaro: finita la stagione dei fondi straordinari, la vera partita si giocherà sulle scelte ordinarie.













