Il Partito Democratico valdostano non usa mezzi termini. La dichiarazione di inammissibilità del referendum confermativo sulla legge elettorale regionale — bocciato per il mancato raggiungimento del numero minimo di firme valide — diventa l’occasione per un affondo politico diretto e senza sconti.
Il comunicato, diffuso nella mattinata di oggi, mette subito in chiaro la posizione del PD: «Chi si è opposto alla riforma elettorale e si propone di governare la Regione, non è neppure in grado di raccogliere regolarmente poco più di 2 mila firme». Una stoccata diretta non solo al Comitato promotore, ma anche a quelle forze consiliari che avevano appoggiato l’iniziativa referendaria.
L’Ufficio di Presidenza del Consiglio Valle, infatti, ha rilevato che delle 2.273 firme dichiarate, solo 2.268 erano effettivamente apposte, e di queste ben 158 risultavano prive della regolare autenticazione, in quanto mancanti della preventiva dichiarazione di disponibilità di un consigliere regionale della Lega, formalmente necessaria. Risultato: 2.110 firme valide, insufficienti rispetto alla soglia minima richiesta di 2.117.
Ma per i democratici la vera partita è politica, non numerica. «L’insufficienza delle firme raccolte certifica il fallimento politico di un’operazione che abbiamo sempre considerato un abominio», attaccano, «una convergenza inaccettabile tra l’estrema destra e una sinistra solitaria, con la quale non abbiamo mai condiviso né metodo né merito».
La nuova legge elettorale, frutto di mesi di mediazioni in aula, viene invece rivendicata con orgoglio: «L’introduzione delle tre preferenze, inclusa quella di genere, rappresenta un passo avanti rispetto alla preferenza unica, poco gradita ai cittadini». Un messaggio chiaro anche per chi, nella società civile, ha guardato con diffidenza alla riforma.
Ma il PD guarda già avanti. Il comunicato annuncia che sarà presentata a breve «una proposta di legge sulla rappresentanza di entrambi i generi nella composizione della Giunta regionale», inserendo la battaglia per la parità in un più ampio percorso di riforma istituzionale.
E in vista della consultazione referendaria — che comunque, salvo sorprese, dovrebbe tenersi in estate — i democratici mettono in chiaro le loro intenzioni: «Ci attiveremo per sostenere convintamente il referendum affinché la modifica elettorale venga approvata e possa trovare attuazione fin dalle prossime elezioni regionali».
Una nota, quella del PD, che trasuda sicurezza. Ma anche un’avvertenza implicita agli avversari: l’autunno elettorale è alle porte, e le divisioni, più che la legge elettorale, rischiano di fare la differenza.