È stata una mattinata di memoria viva e di parole profonde quella celebrata ad Aosta per l’80° anniversario della Liberazione. Una piazza Chanoux gremita ha accolto cittadini, studenti, autorità civili, militari e religiose per ricordare il 25 aprile 1945, quando anche la Valle d’Aosta si liberava dal giogo nazifascista. Il momento più forte è arrivato con l’intervento del sindaco Gianni Nuti, che ha saputo fondere il senso della storia con le urgenze del presente, firmando un discorso di grande forza civile.
La cerimonia si è snodata tra i luoghi simbolo del ricordo: al cimitero monumentale la Santa Messa e la deposizione della prima corona, al Giardino della Rimembranza una seconda, e infine in piazza Chanoux l’alzabandiera, il momento solenne con la terza corona e la lettura dei primi quindici articoli della Costituzione da parte dei ragazzi dell’ANPI. Presenti, tra gli altri, il vicepresidente della Giunta regionale Luigi Bertschy, la presidente dell’ANEI Valle d’Aosta Nadia Malesani e Sua Eccellenza Monsignor Franco Lovignana.
Poi, Gianni Nuti ha preso la parola. E ha subito messo a fuoco il senso profondo dell’incontro tra passato e presente:
«Siamo nuovamente qui, a recuperare, nel presente, fatti remoti così pregnanti da restare appiccicati alle mura di questa piazza», ha detto in apertura, evocando con parole vibranti quel 28 aprile 1945 in cui «ci si abbracciava, si marciava finalmente in pace senza passo dell’oca, ci si affacciava a un domani senza incombenti minacce di morte».
Un affresco storico ricco e mai retorico, in cui il Sindaco ha ricordato la specificità valdostana: «La liberazione tardò, in Valle d’Aosta, perché tra le forze in campo c’erano annessionisti, federalisti-autonomisti, occupanti tedeschi, alpini fedeli alla Repubblica Sociale Italiana e alpini ribelli». Ma, ha aggiunto, da questo groviglio è nata una visione chiara: «A un certo punto si dipanò una strada maestra, degna della più generosa primavera: una terra libera, autonoma e ancorata alla sua storia prevalente».
E ancora: «In quel momento, c’eravamo già tutti noi, eravamo tutti bambini liberi e gioiosi, impegnati a gettare, insieme, una pietra dolce nel lago della speranza affinché formasse cerchi concentrici vibranti di energia creativa».
Una speranza che, secondo Nuti, si è progressivamente indebolita: «I cerchi concentrici, sempre più distanti, si sono sciolti nelle acque ferme dell’indifferenza». Da qui la critica netta all’attualità: «Assistiamo ogni giorno a volgari spettacoli di prepotenza e machismo di Stato… vediamo erigere muri… vediamo sfilare persone inermi – “gli scarti”, direbbe Francesco – incatenate come schiavi».
La denuncia è radicale ma non disperata. Anzi, il Sindaco rilancia un'idea di impegno possibile:
«Possiamo ancora prendere in mano quella pietra dolce come ottant’anni fa per rilanciarla in un rinnovato lago di speranza». E indica la via: «Attraverso una rivoluzione silenziosa, fatta di coscienza critica, educazione, studio, mitezza, serietà e – perché no? – di una spiritualità profonda».
Il discorso si conclude con un invito potente alla responsabilità e al coraggio:
«Dobbiamo tornare vibranti, giovani e desiderosi di opporci al nero della Storia e alla bestialità dell’uomo che rigurgita ciclicamente… Ci vuole coraggio per vivere una vita fino in fondo: prendiamolo da chi lo ha avuto, per noi, ottant’anni fa».
La cerimonia si è chiusa con un applauso sincero e sentito, e con le parole finali del Sindaco che suonano come un monito e un impegno:
«Viva la Valle d’Aosta, Viva la Repubblica, Viva l’Italia, Stato d’Europa».