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ATTUALITÀ | 17 aprile 2025, 17:32

Jenny Cardon, staffetta della libertà. Una memoria viva tra storia e attualità

Torre Pellice, 26 aprile 1945 / 2025

Jenny Cardon

Jenny Cardon

In un’Italia che oggi pare troppo spesso dimenticare le proprie radici democratiche, sabato 26 aprile, alle ore 20.45, presso il Teatro del Forte di Torre Pellice, torna a vibrare una voce dal passato: quella di Jenny Cardon, staffetta partigiana, caduta nell’ultimo giorno di guerra, proprio mentre portava un messaggio di pace.

L'iniziativa, promossa dal Gruppo Teatro Angrogna, ricorda un episodio tanto tragico quanto emblematico della Resistenza, avvenuto esattamente 80 anni fa. L’ingresso è libero e rivolto “a tutte e a tutti” – un invito aperto che ha il sapore della condivisione civile, oggi più urgente che mai.

La guerra sta finendo. Le truppe tedesche si ritirano dall’alta Val Pellice in modo disordinato, bersagliate da partigiani appostati tra rocce e boscaglia. In quelle ore frenetiche, Jenny Cardon, partigiana, si muove in bicicletta lungo la valle: porta un ordine cruciale, chiaro, semplice, e pieno di speranza – "Non sparate più. È finita".

Ma non arriverà mai a destinazione. Tra Villar e Torre Pellice viene fermata dai tedeschi e caricata su un camion come ostaggio. Poco dopo, nei pressi del Rio Cros, scoppia un breve ma fatale scontro a fuoco: i partigiani aprono il fuoco, inconsapevoli della presenza della giovane sul mezzo nemico. Quando il silenzio torna a posarsi sulla valle, Jenny è a terra. Morta.

Aveva portato la voce della fine, ma il suo sacrificio ne fu il tragico epilogo.

Il suo corpo fu deposto nella sede della Croce Rossa, poi sepolto nel cimitero di Torre Pellice, vicino ai soldati tedeschi. Il marito e il fratello, tornati dal fronte, non la trovarono più. Solo nel 1971 le fu conferita la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla memoria.

Nel ripercorrere questa vicenda, il Gruppo Teatro Angrogna non fa solo un lavoro storico. Compie un atto di resistenza culturale. Perché in un’Italia che oggi flirta pericolosamente con revisionismi, amnesie pilotate e pulsioni autoritarie, ricordare Jenny Cardon è un gesto politico.

Lo è per la sua giovane età, per il suo coraggio semplice, per quel messaggio di cessate il fuoco che oggi suona come un monito contro l’odio che ancora serpeggia. E lo è perché la Resistenza non è una stagione passata, ma una direzione di marcia.

Ricordare Jenny, oggi, significa anche chiederci da che parte staremmo, di fronte a nuove forme di sopraffazione. E se saremmo capaci, come lei, di pedalare in salita con un messaggio di pace nel cuore, anche a costo della vita.

L’appuntamento di sabato sera a Torre Pellice non è solo commemorazione. È un’occasione per interrogarci sul nostro presente, per onorare chi ci ha permesso di essere liberi, e per ribadire che nessuna libertà è garantita per sempre. Va difesa, con la memoria e con l’impegno quotidiano.

L’invito è chiaro: venite. Tutte e tutti. Perché il 25 aprile finisce solo se smettiamo di ricordare il 26.

red/edmo

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