Quando il funzionario del Casino Domenico Avati chiedeva il voto per sé ai dipendenti della Casa da gioco la sua condotta non pare illecita, "perché è espressione di una legittima attività di propaganda elettorale, dal momento che nulla vietava all'imputato di pubblicizzare la propria candidatura presso amici e conoscenti, fra cui certamente anche i colleghi di lavoro". Lo scrive il gup Davide Paladino nelle motivazioni della sentenza con cui lunedì 1 luglio ha assolto il 53enna Avati, candidato nell'Union valdotaine alle elezioni regionali del 2018 (terzo escluso con 815 voti) dall'accusa di corruzione elettorale "perché il fatto non sussiste". "L'ipotesi accusatoria risulta pertanto priva di alcun riscontro probatorio", aggiunge il giudice (lo stesso pm Luca Ceccanti aveva chiesto l'assoluzione). Avati era difeso dagli avvocati Corinne Margueret e Alessandra Fanizzi.
Nell'agenda dell'imputato sono state trovate liste di persone, "fra cui numerosi dipendenti del Casinò" a cui "aveva consegnato materiale elettorale", dei "santini" in cui "non compare" il nome "di Baccega". L'indagine era scaturita da un'intercettazione dell'inchiesta 'Do ut des', che riguarda un presunto giro di corruzione con epicentro il comune di Valtournenche: in tre telefonate dell'aprile 2018 l'ingegner Erik Camos riferiva a tre persone diverse di presunte pressioni ricevute da dipendenti della Casa da gioco da parte di Avati, che li avrebbe anche 'minacciati' di inserirli in una lista nera nel caso si fossero rifiutati di votare chi diceva lui. Sentiti dal pm, Camos e il dipendente che con lui avrebbe parlato non hanno però confermato né la richiesta di votare per la terna composta da Avati, Augusto Rollandin e Mauro Baccega né le eventuali 'punizioni' per chi avesse fatto scelte elettorali diverse. Inoltre, ha dichiarato il pm, l'ingegnere era "uso effettuare, nel corso di conversazioni telefoniche, illazioni infamanti sul conto di persone terze limitandosi a riportare 'voci'".
Il dipendente del Casino chiamato in causa da Camos a asserito agli inquirenti che "Avati non mi ha fatto ricatti o pressioni" e "non mi ha detto di votare oltre a lui Rollandin e Baccega". Nessuno degli altri lavoratori del Casinò sentiti dalla procura ha riferito di "promesse" come "assunzioni a tempo indeterminato o progressioni di carriera" da parte di Avati, né di "conseguenze lavorative negative" a seconda del loro voto. A conclusione analoghe era giunta la stessa società Casinò spa con l'indagine interna in cui furono ascoltati 34 dipendenti. Inoltre dal giugno del 2017 Avati aveva secondo il gup Paladino "nulle o scarse" possibilità di influire sulle assunzioni: non si occupava più, ricorda il giudice, di risorse umane ma aveva mansioni di responsabile della 'gestione ingressi e introiti di gioco'.