Uno strano velo grigiastro ha coperto i cieli della Valle d’Aosta da domenica 8 giugno 2025. Non è nebbia, non è smog locale. È fumo, e viene da molto lontano: dal Canada, per l’esattezza, dove da inizio anno sono andati in fumo oltre due milioni di ettari di foreste. Un’enormità. Il vento ha fatto il resto, portando le polveri sottili fino alle Alpi.
Secondo ARPA Valle d’Aosta, le centraline di rilevamento dell’aria, come quelle di Aosta (Piazza Plouves) e Donnas, hanno registrato un improvviso aumento di PM10 e PM2.5 nelle prime ore di domenica 8 giugno. Dopo un primo picco, la situazione è parsa rientrare, ma già nella notte successiva — tra l’8 e il 9 giugno — una nuova ondata di fumo ha riportato i livelli orari ben oltre i 70 µg/m³, con punte fino a 90 µg/m³.
La soglia di legge, fissata a 50 µg/m³ come media giornaliera, non è stata superata nella giornata dell’8 giugno, ma i dati del 9 sono ancora in fase di elaborazione.
Non è una supposizione, ma una certezza scientifica. Modelli atmosferici retroattivi (che seguono il vento a ritroso nel tempo) e immagini satellitari fornite da NOAA e NASA mostrano chiaramente la traiettoria: dal Canada, sopra l’Atlantico, e infine fino al cuore dell’Europa.
In particolare, le analisi condotte da ARPA VdA attraverso strumenti avanzati nella stazione di Aosta-Plouves hanno rilevato l’arrivo di particelle “invecchiate”: un termine tecnico per descrivere le polveri che hanno viaggiato a lungo nell’atmosfera, subendo trasformazioni chimiche e accumulando altri composti.
Nella foto di un nostro lettore, testimonia che alle ore 17 di oggi da Punta Helbronner a causa della 'nebbia' che si sviluppa dai 2.500 metri circa ai 5.000 metri di altitudine non si vedeva La Thuille
Una delle prove più interessanti è la presenza di particelle normalmente associate all’inverno, in condizioni di nebbia, ma quasi mai osservate in estate. Questo dettaglio rafforza l’ipotesi (confermata dagli strumenti) che il particolato sia di origine remota, e non legato ad attività locali.
Un grafico prodotto da ARPA mostra chiaramente, tramite un metodo messo a punto proprio in Valle d’Aosta, la composizione del PM10 dell’8 giugno: una fetta consistente è attribuita al “fumo canadese”.
Non è la prima volta che succede. Un episodio simile era stato registrato il 21 agosto 2024, sempre con polveri sottili trasportate dagli incendi canadesi. La differenza? Quest’anno è successo prima e con un’intensità maggiore. Segno, forse, che questi eventi non sono più eccezioni.
Gli incendi in Canada stanno diventando più frequenti e più devastanti, come conseguenza (diretta o indiretta) del cambiamento climatico. Temperature più alte, siccità prolungate e foreste più fragili creano le condizioni perfette per focolai incontrollabili.
E quando il mondo brucia, il fumo non conosce confini: può arrivare anche tra le vette alpine più incontaminate. (fonte https://www.snpambiente.it)
Per aggiornamenti in tempo reale, è possibile consultare il sito ufficiale di ARPA Valle d’Aosta.