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ATTUALITÀ | 24 giugno 2025, 12:00

I sogni infranti e l’odio

Quando una bella cena tra amici, conoscenti, parenti – partita con i migliori auspici – diventa una specie di brutto incubo da cui vorresti svegliarti… e invece sei lì

Foto di repertorio

Foto di repertorio

Passi il pomeriggio a tirarti a lucido, come si suol dire. Nulla di particolare. Arrivano le otto di sera, ti siedi a tavola, cominci con i vari aperitivi, due stuzzichini, risate, qualche battuta, la solita immancabile barzelletta. Un brindisi tira l’altro, una bella cena, il menù di quelli casalinghi, senza troppe pretese ma delizioso come sempre. E il buon vino che favorisce l’allegria.

A posteriori, ti vien da dire che prima dei dolci avresti dovuto trovare una scusa, alzarti e tornare a casa. Ma non essendo profeta, ti sei fermato.

E, come spesso accade, si finisce per parlare degli avvenimenti: lo stupore dei giorni passati e l’angoscia di quelli a venire diventano il centro della discussione. E lì si notano – ovviamente, e giustamente – le diverse sfumature di veduta.

Poi, da vecchio sessantottino di sinistra, con il cuore che batte a sinistra, mal sopporto la faciloneria di chi vede la storia partendo dalla propria data di nascita.

La discussione è passata, senza quasi rendercene conto, dall’analisi dei venti di guerra a una più pacata (almeno così pensavo io) riflessione sulla situazione economica italiana. Senza mai citare destra o sinistra. Sembrava – per fortuna – che non ci fossero in campo fazioni politiche avverse, ma che tutto ruotasse attorno, più che altro, a una lettura degli errori economici commessi nel nostro Paese.

Sono uno dei primi a riconoscere che, purtroppo, la politica e il sindacato – nei tempi addietro – hanno commesso errori madornali in molti settori economici: da una parte, una classe politica più attenta al consenso elettorale che non a programmare una politica di lungo respiro.

Quello che non mi sarei mai aspettato, fu la reazione. Alcune persone – da cui mai mi sarei aspettato un tale astio – hanno fatto esplodere la cena.

Nel sentir dire “noi giovani non avremo un futuro per colpa delle vostre scelte scellerate, di aver mandato in pensione la gente con 19 anni di lavoro”, mi colse un po’ di sorpresa.

Dopo aver ribadito che condividevo l’errore della politica nell’aver permesso quella misura – che già a suo tempo fu criticata da più parti, proprio per il peso economico sulle casse previdenziali – posi una domanda che non avrei mai dovuto fare.

Una domanda la cui risposta non ha fatto altro che farmi capire quanto astio i giovani trentenni abbiano nei confronti della mia generazione.

Alla mia domanda provocatoria – “Mica possiamo non pagare più le baby pensioni? Che vuoi fare, li lasci morire di fame?” – mi aspettavo ovviamente la risposta che io avrei dato: “Certo che no.”

Invece, arrivò un secco:
“Che muoiano, cazzo. Perché devo continuare a pagare la pensione a gente che non ha versato nemmeno la metà di quanto ha percepito in tutti questi anni?”

Fu come prendere uno schiaffo. In quel momento ho preso atto di quanto astio, quanta rabbia covano i giovani nei confronti di una generazione che – a loro dire – ha tolto loro la possibilità di costruirsi un futuro.

Siete una generazione che ha permesso le speculazioni, l’evasione fiscale. Avete versato pochi contributi e oggi pretendete di essere curati, di avere strade, case, una sanità che funziona, una pensione dignitosa. Ma pensate solo a voi stessi. Siete sempre voi il centro delle attenzioni, delle lamentele. Voi vecchi che avete votato e difeso politici che pensavano ai loro stipendi e pensioni, che hanno sistemato i famigliari e gli amici, a discapito di tutti gli altri. Il sindacato non è stato da meno: oggi in Italia ci sono due caste, quella dei politici e quella dei sindacalisti. Hanno pensato più alla loro carriera, a difendere il lavoratore (anche delinquente), che non il lavoro in sé.
Oggi vi lamentate perché aspettate mesi per una visita medica. Vi lamentate perché le strade sono dissestate, perché la vostra pensione non aumenta. Ma tutto questo lo ha permesso la vostra generazione.
Ci accusate di non aver voglia di lavorare, ma siete voi che avete permesso contratti da fame. Ci accusate di non fare figli, ma ci avete tolto la possibilità che voi avevate: di evadere, di lavorare in nero, di costruirvi una casa, comprare un alloggio, fare dei figli.

In quel momento, ho visto i sogni infranti. I suoi – perché non ha un futuro. E i miei – perché ero convinto di aver lottato per lasciare un mondo migliore.

E allora mi chiedo:
quale miopia politica e sindacale ha permesso tutto questo?
Hanno davvero tutti i torti?

Vittore Lume-Rezoli

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