In occasione del festival “Tanque - festival sulla morte per viventi” e delle celebrazioni per Aostæ 2025 FrontDoc organizza la proiezione di un documentario che continua a essere proiettato a più di 15 anni dalla sua uscita.
"Morire di lavoro" non è l’ennesimo atto di denuncia, o un’indagine giornalistica su un tema che continua tristemente a essere di attualità ma un’opera che descrive senza retorica la triste condizione di chi pur di lavorare è disposto a rischiare di morire.
Come ha dichiarato lo stesso regista: “Sono stato spinto ad affrontare questo argomento dall’indignazione che provavo davanti alle notizie delle morti bianche. Ho iniziato a girare luoghi simbolo dell’Italia, raccogliendo testimonianze tra gli edili [...]. Volevo rimettere al centro la dignità delle persone, perché senza i lavoratori non andiamo da nessuna parte.”
Perché il film potesse avere vita Daniele Segre ha avuto il sostegno e l’aiuto dei sindacati, che gli hanno aperto le porte dei cantieri e gli hanno permesso di entrare in contatto con i lavoratori. Per questo, in occasione di questa giornata commemorativa dove i sindacati valdostani si riuniscono a Verrès per trattare del tema, abbiamo chiesto alla sigle sindacali valdostane (CGIL, UIL e SAVT) di raggiungerci e di aiutarci a parlare di un tema così doloroso e inaccettabile.
Di nuovo Segre: “Bisogna innanzitutto ricostruire il senso dell'identità del nostro Paese dando un ruolo centrale al lavoro. È una questione fondamentale: i lavoratori, proprio per il contributo che danno, devono essere rispettati e questo da molti anni, in Italia, è venuto a mancare”. Ad accompagnare il film ci sarà il figlio del regista, Emanuele.
Dettagli dell'evento:
Film: Morire di lavoro
Regista: Daniele Segre
Data: 1° maggio 2025
Luogo: Teatro Cinema Giacosa di Aosta
Moderatori: Nora Demarchi e Gian Luca Rossi
Ospiti: Emanuele Segre, figlio del regista; Claudio Albertinelli, Segretario SAVT; Vilma Gaillard, Segretario CGIL; Ramira Bizzotto, segretario UIL.
La sinossi
Il documentario "Morire di lavoro" (2008) indaga la dura realtà dei decessi sul lavoro, con particolare attenzione al settore edile in Italia. La trama si basa sulle testimonianze dirette di lavoratori e familiari di vittime di incidenti mortali nei cantieri. Il film esplora tematiche come l'orgoglio del lavoro, la mancanza di sicurezza, il lavoro nero e il caporalato, evidenziando il tragico aspetto delle "morti bianche".
Il regista
Regista e sceneggiatore. Classe 1952, ha iniziato a lavorare come fotografo a Torino. Comincia a realizzare film e video a partire dalla metà degli anni Settanta portando sullo schermo realtà disagiate come 'perché droga' (1976), 'Il potere dev'essere bianconero' (1978) e 'Vite di ballatoio' (1984). Nel 1983, intanto, aveva esordito alla regia di lungometraggi con 'Testadura'. Due anni prima, nel 1981, aveva dato vita alla casa di produzione 'I Cammelli'. Nel 1992 firma il suo secondo film 'Manila Paloma Bianca'. Sempre più impegnato nel sociale, negli anni Novanta Segre film fra gli altri i delegati sindacali della CGIL ('Partitura per volti e voci', 1991), i minatori del Sulcis ('Dinamite', 1994) e i malati di Aids ('Come prima, più di prima t'amerò', 1995). Nel 1995 ha debuttato anche alla regia teatrale. E' docente alla Scuola Nazionale di Cinema e dal 2002 è co-direttore del festival di Bellaria, 'Anteprima per il cinema indipenente'.
Le opinioni della critica
Gli 89 minuti di Morire di lavoro sono tutti per loro, per i testimoni e i sopravvissuti, per i malati e per i morti. Per restituire a tutti loro la dignità di poter esistere e testimoniare. Il minimo, per una Repubblica fondata sul lavoro. Il minimo, per una Rai (pubblica) mandarlo in onda» (R. Ronconi, “Liberazione”).
Via dunque alle testimonianze. O meglio alle esistenze «agre» o alle vite spezzate del film di Segre, dove i tanti volti dei lavoratori, primi piani secchi su fondale nero, compongono un mosaico agghiacciante, una mappa Nord/Sud di un'Italia in cui c'è un morto ogni 7 ore e in cui, a queste condizioni, “morire di lavoro” non può che essere la normalità» (G. Gallozzi, “l’Unità).
Un regista che ha scelto da che parte stare. è Daniele Segre che, in oltre trent’anni di attività, si è sempre schierato a favore dell'individuo. E lo fa anche questa volta con un film sulle morti nel mondo del lavoro. (M. Alberione, “Film TV”, 12.2.2008).
Un film prezioso, che dà voce agli operai e ai parenti delle vittime sul lavoro: le madri, le sorelle, le mogli raccontano in prima persona. [...] In questa Italia così crudele c'è spazio anche per i sogni» (A. Sciotto, “il manifesto”).