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CRONACA | 22 aprile 2025, 23:05

Una Cattedrale gremita, il cuore vuoto: la Valle piange Papa Francesco

La Petite Patrie piange il suo Papa con una Messa solenne gremita di fedeli e sindaci. Monsignor Lovignana: “Ci ha insegnato l’inclusione come Vangelo vivente. Il Signore ti dia pace.”

Una Cattedrale gremita, il cuore vuoto: la Valle piange Papa Francesco

La Cattedrale di Aosta era gremita come nei giorni grandi, eppure ieri non era festa. Era dolore, era silenzio, era l’abbraccio di una comunità che si è stretta attorno alla figura di Papa Francesco, nel giorno in cui la Chiesa valdostana ha celebrato una Messa Solenne di Suffragio in sua memoria. Una Messa che ha toccato il cuore di tutti, credenti e non, perché Francesco, il Papa venuto “dalla fine del mondo”, aveva parlato al mondo intero — anche a quello valdostano — con una semplicità e una potenza che pochi hanno saputo incarnare.

A presiedere il rito è stato il Vescovo di Aosta, Sua Eccellenza monsignor Franco Lovignana, accompagnato da tutto il presbiterio della Curia valdostana. Accanto a loro, in prima fila, una foltissima delegazione di sindaci provenienti da tutta la regione, con indosso la fusciacca tricolore, simbolo non solo della carica che ricoprono ma anche dell’unità di una Valle che sa riconoscere e onorare le figure che lasciano il segno.

Non c’erano solo le autorità, però. C’era il popolo. E c’era il dolore. Tanti volti noti, certo, ma anche tanti volti comuni: famiglie intere, anziani, giovani. Molti gli occhi umidi, molti i fazzoletti tenuti in mano, pronti a tamponare lacrime che non hanno avuto vergogna di scendere. E non si trattava solo del dolore per la scomparsa di un Pontefice. Era qualcosa di più profondo. Era la gratitudine per un uomo che aveva saputo farsi vicino. Che aveva abbattuto muri e parlato al cuore.

Durante l’omelia, monsignor Lovignana ha preso per mano l’assemblea. Ha ricordato, con voce carica di emozione, il senso profondo dell’insegnamento di Papa Francesco. “Ci ha insegnato che la vera forza della Chiesa sta nella sua capacità di accogliere, non di escludere. Di tendere la mano, non di puntare il dito. Di farsi piccola per stare accanto agli ultimi.”

Ha parlato della tenerezza come stile di governo. Della misericordia come chiave di lettura del mondo. Dell’inclusione non come slogan, ma come impegno quotidiano. Ha citato le parole del Papa che invitavano la Chiesa a non essere “doganiera della fede” ma “madre accogliente”, capace di aprire le porte e non di chiuderle.

In tanti, in quel momento, hanno chinato il capo. Alcuni stringevano le mani del vicino. Altri si limitavano a guardare in alto, verso le antiche volte della Cattedrale, cercando forse un segno, o semplicemente raccogliendo dentro di sé la forza di un momento che rimarrà inciso nella memoria collettiva.

Il ricordo di Papa Francesco è stato semplice, come lui avrebbe voluto. Nessun trionfalismo, nessuna retorica. Solo il dolore sincero per una perdita che lascia un vuoto. “Un uomo che ha saputo farsi prossimo, che ha abbracciato i migranti, i poveri, i carcerati, i dimenticati. Che ha saputo parlare anche a chi non credeva, con la sola forza dell’autenticità.”

Alla fine dell’omelia, la voce del Vescovo si è fatta più bassa, quasi sussurrata. “Grazie Papa Francesco, il Signore ti dia pace.” Una pausa. Un silenzio. E ancora, con occhi visibilmente lucidi: “Grazie Papa Francesco, il Signore ti dia pace e sono certo che riceveremo da lui, da lassù, un sorriso"

La commozione è esplosa silenziosa. Nessuno si è mosso. Nessuno ha parlato. Le lacrime, a quel punto, erano libere di scorrere. Era il saluto di una Valle intera. Di una comunità ferita, sì, ma anche riconoscente. Perché Francesco aveva saputo essere un faro anche tra le montagne. Con parole semplici, gesti forti, e un cuore grande.

E mentre le campane della Cattedrale hanno suonato l’ultimo rintocco, quasi sembrava che la pietra stessa del Duomo avesse trattenuto il respiro. Come a voler dire: “Addio, Francesco. Ma anche grazie. Di cuore.”

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