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Consiglio Valle | 09 luglio 2020, 08:00

L'OPINIONE DI STEFANO AGGRAVI: Non tutte le révolutions sono révolutions

La quarta révolution assomiglia tanto alla volontà di restaurare vecchie pratiche che i tempi e le situazioni moderne non meritano più

L'OPINIONE DI STEFANO AGGRAVI: Non tutte le révolutions sono révolutions

Carissimo Direttore,

ho letto con interesse il Tuo articolo notturno “La Révolution des bandeaux du maire” e quale 1/35 volevo porre alla Tua attenzione alcune considerazioni sulla vicenda relativa ai fondi che l’articolo 17 destinava e destina agli enti locali. Questo perché credo che sia sempre utile riportare le vicende per quel che sono e per quel che sono state, prima che l’azione semplificatrice (e spesso anche banalizzatrice) del linguaggio politico-giornalistico faccia il suo corso.

Il paragone che fai tra quanto successo oggi e le tre révolutions è senza dubbio interessante, ma a mio modesto parere non tanto perché questo rappresenta la lotta tra il governo centrale cattivo (oggi la Regione) e i sindaci, bensì proprio perché come tu ben sai delle tre révolutions soltanto l’ultima scoppiò anche per protestare contro l’oppressione “centrale”.

Le prime due, infatti, furono per così dire più delle vere e proprie piccole contro rivoluzioni finalizzate alla restaurazione dei vecchi usi monarchici e di culto piuttosto che la reazione alla vorace imposizione fiscale centrale o per veder riconosciute libertà proprie delle realtà locali. Questa similitudine è sì davvero interessante.

Mi spiego meglio. Come ho già avuto modo di dire in Consiglio, l’originario articolo 17 è stato concepito da un “accordo politico” tra il comitato centrale del CPEL e il governo superstite e non in sede consiliare (la II Commissione ad esempio): nessuna audizione utile, infatti, è poi stata organizzata dalla presentazione della bozza di legge all’ultimo Consiglio.

Un governo superstite che  per stessa ammissione dei propri rappresentanti arriva in Consiglio senza i dovuti voti per   approvare lo stesso DDL e quanto successo ormai è storia di tutti. Ma l’aspetto su cui voglio puntualizzare è proprio quello dell’accordo politico che tanto sa di passato, di usi e costumi dell’Impero che non c’è più.

Eh sì, perché una volta, quando c’era Lui, l’abitudine era proprio  quella dell’accordo politico tra le due entità fondamentali della struttura amministrativa regionale, la Regione (Lui) e i Comuni (i sindaci).

Ma si sa che ai tempi (non oggi) i numeri c’erano, anche quando gli avanzi venivano requisiti! Per questo motivo la quarta révolution assomiglia tanto alla volontà di restaurare vecchie pratiche che i tempi e le situazioni moderne non meritano più. Vuoi l’emergenza, vuoi i numeri, ma la realtà è questa Principessa! Non sento pertanto un vero carattere rivoluzionario in quanto successo, bensì di restaurazione, caro Direttore. 

Un’ultima considerazione credo debba essere fatta da parte di chi, come me, ha proposto una via   alternativa all’originario articolo 17. Criticabile, ma chiara e definita secondo l’approccio che a   nostro giudizio era migliore perché rispondeva anche a problematiche di breve (e non solo brevissimo) termine come il potenziamento dei fondi per l’occupazione o l’accesso al credito delle   micro e piccole imprese.

Tra i tanti che oggi si stupiscono e mostrano di stracciarsi le vesti o   cospargersi il capo di cenere a favore dei sindaci qualcosa non torna. Eh sì, perché se qualcuno ci ha messo la faccia, ovvero la firma come noi, qualcun altro, che magari critica il voto segreto, in realtà ne ha fatto ben uso.

Meditate gente, mediti Direttore, perché certa politica (certi politici) nostrana (nostrani) non vuole cambiare e soprattutto manca di coraggio.

Con stima, Ti auguro un buon lavoro!

Stefano AGGRAVI

Caro Consigliere regionale grazie. Grazie per la dotta lezione di storia, anche se la mia è stata una semplificazione giornalistica. Ti ricordo però che se la terza è stata, come dici tu, una Rèvolution contro il potere centrale, la seconda come racconta Marco Cuaz, scoppia in seguito all'ordine del governo francese di requisire le campane per la fabbricazione di cannoni.
Il 4 gennaio la requisizione delle campane del campanile di Châtillon scatena la rivolta. I contadini della Bassa Valle marciano su Aosta al grido di “morte ai giacobini”. La prima, invece per le imposizioni esose dei signorotti.

Ma soprattutto ti ringrazio per la franchezza non comune. Altri mi hanno scritto e detto di fare di tutta l’erba un fascio, vantando i meriti dei singoli. Ai cittadini poco interessa chi fa cosa se quella cosa non si fa per colpa di chi non si sa. Per il resto ti assicuro che non ho nostalgie per il passato. Ma permettimi: alla tanta pochezza di oggi da parte di molti – e non è il caso tuo – si può dire che andava meglio quando andava peggio.

Buon lavoro. pi.mi.

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