Marzo è il mese dedicato all'altra metà del cielo. Aldilà di ogni considerazione politica, la mia indiscussa ammirazione va a Bianca Berlinguer che, in prima serata, ha dato voce e spazio a una signora dell'area Pinerolese: una lavoratrice molestata che ha denunciato i fatti, finendo licenziata senza la possibilità di trovare una nuova occupazione.
Generalmente, di noi si parla soprattutto dopo morte. Pochissimi hanno il coraggio di ascoltarci e di aiutarci mentre siamo in vita. Perché siamo scomode.
Dopo i femminicidi, quando non parliamo più, quando non possiamo chiedere più nulla, fioccano petizioni e manifestazioni, testimonianze accorate di amici e conoscenti che ci chiudevano la porta sul naso quando eravamo ancora in questo mondo.
I mass media dedicano lunghe trasmissioni ai femminicidi. Ma rarissimamente concedono spazio alle donne vive : licenziate, abusate, ricattate, esodate, disoccupate, ingombranti. Chi scrive a una trasmissione raramente riceve risposta.
Le streghe, in qualche modo, continuano a bruciare.
Ci sono anche i femminicidi in vita. Perché si muore anche emotivamente, economicamente, socialmente.
Pensiamo per un momento alle donne che hanno denunciato e hanno perso. Condannate magari a risarcire coloro che le avevano danneggiate. Perché la verità non emerge sempre. Pensiamo a chi non denuncia per non finire rovinata, etichettata. E' comprensibile.
Pensiamo alle donne che, per via di una certa riforma, a 65 anni sono troppo vecchie per lavorare e troppo giovani per la pensione. Vittime di un sistema bacato che vorrebbe le donne badanti coatte, preferibilmente in nero, dagli 8 ai 108 anni, anche se le forze emotive e fisiche si sono esaurite.
Pensiamoci prima che sia troppo tardi. Dei suicidi femminili, spesso annunciati, si fiata ben poco. Code di paglia ne abbiamo? Chissà.