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CRONACA | 16 maggio 2025, 21:33

Tac alla gatta, pazienti in attesa e medici indagati: quando il servizio pubblico miagola al privilegio

Quattro indagati ad Aosta per la Tac a un gatto che avrebbe fatto slittare l’esame di due pazienti al Pronto soccorso. Un caso che diventa paradigma del cortocircuito tra etica, potere e senso delle istituzioni

Tac alla gatta, pazienti in attesa e medici indagati: quando il servizio pubblico miagola al privilegio

Ad Aosta, dove le montagne sembrano silenziose sentinelle di un'etica smarrita, è andata in scena una vicenda che, se non fosse drammaticamente vera, sembrerebbe partorita dalla penna di un autore satirico in crisi di ispirazione. Il protagonista? Una gatta. Gli spettatori? Due pazienti del pronto soccorso, costretti ad attendere. Il palcoscenico? L’ospedale regionale Umberto Parini. Gli attori? Quattro professionisti della sanità pubblica, ora indagati.

A gennaio scorso, mentre due cittadini attendevano con la pazienza (e la sofferenza) tipica di chi si affida al servizio pubblico per un esame diagnostico urgente, qualcuno pensò che la priorità spettasse... a un felino ferito. La gatta del dottor Gianluca Fanelli, responsabile della struttura semplice di Radiologia e neuroradiologia interventistica, marito della senatrice leghista Nicoletta Spelgatti, veniva sottoposta a una Tac. Non in una clinica veterinaria, ma nel cuore del nosocomio valdostano Umberto Parini.

Una storia che ha il sapore beffardo del potere usato come lasciapassare, che fa inciampare il rispetto delle istituzioni in una ciotola di croccantini. Con Fanelli, figurano tra gli indagati anche il primario Massimiliano Natrella, la tecnica Giulia Sammaritani (figlia del consigliere regionale leghista Paolo Sammaritani) e un’altra collega. I reati ipotizzati sono pesanti: interruzione di pubblico servizio, truffa ai danni dello Stato, esercizio abusivo della professione, e tentativi maldestri di cancellare le prove — sì, proprio come nei film, ma senza la colonna sonora.

Secondo i Nas, il 20 gennaio alle ore 20 circa, il reparto di Radiologia è diventato teatro di un’indagine veterinaria non autorizzata. Peccato che due pazienti del pronto soccorso fossero in attesa della stessa macchina, con meno pelo ma con molta più urgenza. E non è finita. Pare che già al mattino Fanelli fosse stato da un veterinario, che aveva escluso l’urgenza dell'esame: un dettaglio che getta ombra su tutta l’operazione.

Quel giorno, Fanelli avrebbe timbrato regolarmente la presenza in servizio. Ma mentre il badge faceva “beep” in reparto, lui si trovava altrove, lontano dal dovere e vicino alla sua gatta. Il suo superiore Natrella, sempre secondo le indagini, avrebbe coperto l’assenza. Il giorno dopo, si sarebbe proceduto con un drenaggio sempre all’interno della struttura pubblica e sempre alla presenza di personale ospedaliero. La ciliegina sulla torta (o forse sarebbe meglio dire: la pallina nella lettiera) arriva con il tentativo della tecnica Denise Barone di cancellare le immagini della Tac, sperando forse che anche la memoria digitale possa essere piegata all’oblio.

In tutto questo, la gatta — va detto — non ha colpe. Ha solo avuto la fortuna di nascere nel salotto giusto. I pazienti, invece, hanno avuto la sfortuna di ammalarsi nel momento sbagliato. E la sanità pubblica valdostana? Ancora una volta umiliata, derisa, violata nella sua funzione essenziale: garantire equità, urgenza, rispetto.

Un piccolo caso che diventa enorme proprio perché mostra come si possa sacrificare il senso delle istituzioni per una questione personale. Perché mentre si gioca a fare i veterinari con le risorse pubbliche, si scavalca non solo la fila, ma il principio stesso di giustizia.

Certo, c'è chi ironizza, chi fa spallucce. Ma quando si perde il senso del limite, anche una gatta può diventare simbolo di un potere che si serve, anziché servire. E allora sì, Piero, vien da chiedersi: quanti cittadini devono ancora aspettare perché qualcuno capisca che la sanità pubblica non è il salotto di casa?

Jean-Pierre Savourel

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