"Questa notte, dopo una grave e prolungata malattia, Mikhail Sergeyevich Gorbaciov è morto", così il comunicato diffuso dal nosocomio e riportato dalla Tass.
Segretario generale del Partito comunista dell'Unione Sovietica dal 1985 al 1991, fu propugnatore dei processi di riforma legati alla perestrojka e alla glasnost', e protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'URSS e alla riunificazione della Germania. Artefice, con la sua politica, della fine della guerra fredda, fu insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace.
L'impegno per l'ambiente, ma anche la nostalgia per la vita politica russa, che ormai visse da spettatore molto critico. Questi gli ultimi anni di Michail Gorbaciov, eroe per l'Occidente, quasi un traditore per la maggioranza dei russi.
All’età di 91 anni, e dopo una lunga malattia, si è spento Mikhail Sergeeevic Gorbaciov, l’ultimo segretario del Pcus, il primo e unico Presidente dell’Urss, il premio Nobel per la Pace. Soprattutto, l’uomo che più di ogni altro credette nella possibilità di riformare l’Unione Sovietica a partire dalla perestrojka (la ristrutturazione dei suoi meccanismi interni) e dalla glasnost’ (la trasparenza dei processi decisionali) fino a farne un Paese in pace con l’Occidente e avviato sulla strada di una concreta modernizzazione.
Gorbaciov era diabetico e aveva problemi ai reni, in luglio era stato ricoverato in ospedale per una serie di dialisi che non hanno dato l’effetto sperato. Lascia una figlia, Irina, e il ricordo dell’amore sempre ribadito per la moglie Raissa, morta nel 1999, che in certi anni con la sua personalità fu quasi il marchio della nuova stagione sovietica.
Quel che colpisce, in queste prime ore dall’annuncio, è il sentimento diviso che accompagna, in Russia, l’addio al vecchio leader. C’è una parte dei russi, minoritaria, che associa a Gorby una stagione di grandi speranze e aspettative, di slancio verso un futuro che si pensava brillante e comunque diverso dai lunghi anni grigi della stagnazione brezhneviana.
E c’è una parte, purtroppo più ampia, che invece manifesta nei suoi confronti un rancore per noi occidentali quasi incomprensibile e quasi lo accusa di essere responsabile della fine dell’Urss e di tutti i drammatici problemi successivi.