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ATTUALITÀ | 13 novembre 2018, 10:46

Operatori valdostani dell'accoglienza migranti scrivono a Prefetto Spelgatti, 'rischio deriva razzista'

Migranti impegnati in attività sociali a Verres

Migranti impegnati in attività sociali a Verres

Lavorano da anni a contatto con i migranti nei servizi di accoglienza in Valle d’Aosta. Sono 51 i valdostani che hanno scritto alla Presidente-prefetto, Nicoletta Spelgatti, al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, perchè preoccupati "per le conseguenze che deriveranno dal Decreto sicurezza da poco entrato in vigore, ma ancora di più verso la logica che sottende questo tipo di misura e che ci interroga sul tipo di società che stiamo costruendo".

Ricordando l'articolo 10 della Costituzione italiana, in base al quale "lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha il diritto d’asilo nel territorio della Repubblica", gli operatori valdostani dell'accoglienza chiedono "come si possa conciliare questo principio con la realtà che stiamo vivendo? Non ci riconosciamo più in un mondo dove si lasciano morire le persone in mare e su ogni altro tipo di confine, dove si tollerano centinaia di migliaia di migranti intrappolati in Libia e ridotti a schiavi e soggetti a ogni tipo di tortura".

Affermano di assistere, "dal punto di vista culturale e sociale" a una "netta separazione tra chi persegue un’idea di società accogliente, e chi vorrebbe 'aiutarli a casa loro', rischiando di ridurre il dibattito pubblico su posizioni buoniste o razziste, senza che venga portato avanti un reale pensiero critico su un ripensamento del sistema che tenga conto sia delle criticità, sia del percorso finora costruito".

"Abbiamo lavorato, in questi anni, insieme a volontari, servizi pubblici e organizzazioni del territorio valdostano - proseguono i firmatari della missiva - cercando di praticare un’accoglienza come ponte che le persone migranti hanno a disposizione per inserirsi nella società un’accoglienza fatta di istruzione, formazione, inclusione sociale, incontro e coinvolgimento delle comunità locali, un’accoglienza che diventi risorsa anche per i territori ospitanti".

Ritengono che "il ridimensionamento drastico delle misure atte a favorire l’integrazione previsto dal nuovo decreto (corsi di lingua, scuola, formazione, supporto psicologico e inserimento lavorativi) ai danni dei richiedenti asilo e le nuove restrizioni previste per il sistema SPRAR" rischiano "di smantellare quanto faticosamente costruito, generando così solo marginalità ed esclusione, terreni fertili per situazioni di devianza e microcriminalità che certamente non contribuiscono a creare una società più sicura".

Anche l’abrogazione del permesso per motivi umanitari "rischia di andare nella stessa direzione, comportando un ulteriore aumento dei migranti irregolari, anche tra quelle persone già regolarmente presenti nel nostro territorio".

E i nuovi permessi per “casi speciali di carattere umanitario” volti a tutelare persone con particolari vulnerabilità "penalizzeranno proprio quei migranti che, in seguito a un percorso di integrazione sociale e lavorativa, costituiscono una risorsa per il nostro tessuto socio-economico".

Si chiedono poi "perché non accettare che si possa migrare all’estero per migliorare la propria vita? O per aspirare a una esistenza dignitosa?"

A oggi i visti d’ingresso in Italia per motivi di lavoro sono bloccati e l’unica possibilità rimane la richiesta di asilo; una riforma dei visti, secondo i firmatari della lettera, diminuirebbe il numero dei migranti in accoglienza e i relativi costi; inoltre permetterebbe alle persone di arrivare in maniera legale, senza più dare soldi alla mafia libica e rischiare la vita.

Nella certezza "che la sicurezza sia maggiormente garantita da modelli virtuosi di accoglienza diffusa (...) che favoriscono i processi di integrazione e di conoscenza reciproca", ritengono di non poter condividere, né come cittadini, né come lavoratori, "le misure contenute nel decreto immigrazione, considerandole svilenti per la dignità umana, oltreché controproducenti per gli obiettivi che cerchiamo di portare avanti con l’impegno professionale che ci siamo assunti, e per la reale sicurezza della società".

I 51 sottoscrittori valdostani della missiva al Prefetto ritengono che "una cultura inclusiva, capace di promuovere e integrare sia la scelta rispetto alla visione sottesa al decreto immigrazione, che porta in sé rischi di affollamento, ghettizzazione, spersonalizzazione, speculazione e sfruttamento lavorativo. E questo non solo per motivi di sicurezza, ma anche per salvaguardare la nostra stessa umanità e la dignità di altre vite, di ogni vita".

Ed è proprio all’interno di una cultura inclusiva che pensano si collochi "il lavoro sociale che cerchiamo con fatica di realizzare giorno per giorno, lavoro che implica costruzione di legami e opportunità e che rischia sempre di più di essere trasformato in qualcosa di totalmente diverso: quello di notificatori di atti e controllori".

Si dichiarano infine "aperti e disponibili a un confronto che, mai come oggi, ci sembra indispensabile".

p.g.

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