Sembra una “Spoon River” aostana il vecchio cimitero di Sant’Orso, o meglio il Cimetière du Bourg, questo il suo vero nome. Come la collina immortalata da Edgar Lee Masters e poi da Fabrizio De André racconta le storie di aostani che vissero tra il 1782 ed il 1930, periodo il cui il camposanto fu attivo. Narra vicende di umiltà come quella del canonico che volle essere seppellito davanti all’ingresso della cappella, in modo che chiunque entrasse calpestasse la sua lapide, quella tragicomica dei Mensio il cui capofamiglia era tipografo e sulla lapide che lo ricorda compare un refuso, un errore di scrittura; o quella della famiglia Gervasone che, possedendo miniere di materiale ferroso, fece sormontare la tomba da una cupola metallica.
Nel piccolo cimitero ci sono anche una sepoltura ebraica, quella di due coniugi inglesi, gli unici “stranieri”. Molti dei nomi che compaiono sulle lapidi non sono valdostani, ma appartengono ad immigrati dal vicino Piemonte, artigiani e commercianti che salivano in Valle d’Aosta per esercitare la loro attività. Il Cimetière du Bourg era uno dei due luoghi di sepoltura di Aosta, l’altro, detto “de Ville”, era nell’area in cui si dovrebbe costruire l’ampliamento dell’Ospedale Parini.
Quasi diecimila esseri umani hanno trovato posto entro al suo perimetro. L’area originale venne aumentata da una donazione del conte Edoardo Crotti di Costigliole, che fece costruire la cappella, chiedendo come contropartita che lì venissero sepolti anche coloro che per la Chiesa non potevano stare in terra consacrata (ladri, assassini) ed i bambini morti prima del battesimo. La terra del cimitero è stata incessantemente smossa per ospitare nuovi morti; sono state apposte nuove lapidi, costruite nuove cappelle; i soggetti più vecchi sono stati sospinti più in basso, o ai margini, o dispersi, quasi tutti dimenticati.
Ma gli archivi della parrocchia di Saint-Laurent, della Curia Vescovile di Aosta e di altri enti conservano una memoria fedele delle persone che, defunte in questa parrocchia o altrove, hanno trovato sepoltura nel cimitero del Borgo; si può quindi conoscere da vicino la loro vita, la loro condizione sociale, il loro lavoro, lo stato civile, l’età della morte, le cause di questa.
E’ stato questo il compito che si è data l’archivista Daniela Bernini, un lavoro durato tre anni dal quale è nato il volume “Ad memoriam Storia e storie del cimitero del Borgo di Sant’Orso in Aosta”, presentato sabato 14 novembre all’Istituto musicale pareggiato di Aosta. Una manifestazione, come la visita al cimitero che l’ha preceduta, affollatissima di aostani, tanto che la sede della presentazione ha dovuto essere in fretta e furia spostata nell’auditorium dell’Istituto, più capiente della sala in cui avrebbe dovuto tenersi. “E un libro senza lacrime - ha detto introducendo la presentazione lo storico Tullio Omezzoli - perché l’autrice ha saputo trarre un’opera scientifica dal dolore pietrificato che le lapidi rappresentano.”