Il 28 settembre i valdostani hanno votato. Il 28 ottobre, esattamente un mese dopo, il nuovo Consiglio regionale della Valle d’Aosta si è ufficialmente insediato. Ma più che un inizio, sembra un déjà-vu: la XVII legislatura parte già zoppa, senza Presidente, senza maggioranza e senza un accordo politico che dia un senso al voto.
L’impressione è che le urne siano servite solo a rimescolare le carte, non a cambiare il gioco.
L’aula consiliare oggi era in versione solenne: Mauro Baccega, decano per età, in qualità di presidente provvisorio, ha aperto i lavori ricordando le “responsabilità affidate dagli elettori” e invocando “saggezza e dedizione”. Parole giuste, ma che rimbalzano contro i muri della realtà politica. Perché a oggi, di saggezza e dedizione, se n’è vista poca.
Parole al vento quelle di Baccega. Infatti, dopo la convalida degli eletti e il giuramento di fedeltà alla Costituzione e allo Statuto speciale, tutto si è arenato. È mancato perfino il numero legale per procedere all’elezione del Presidente del Consiglio. Tradotto: molti hanno preferito restare fuori dall’aula piuttosto che affrontare la prova del nove dei numeri veri.
Dei 35 consiglieri, 13 sono volti nuovi (il 37%), ma le dinamiche restano vecchie. La Union Valdôtaine ha fatto incetta di seggi, ma è spaccata internamente; gli Autonomisti di Centro giocano su più tavoli; la sinistra di AVS ha già aperto il fuoco legale con un ricorso al TAR per la riassegnazione dei seggi, che ha sottratto loro un consigliere a vantaggio proprio dell’UV.
Cristina Machet, la più discussa dell’oggi, è finita al centro della contesa. Chiara Minelli (AVS) ha chiesto la votazione separata sulla sua convalida, giustificandola con il ricorso pendente. Aurelio Marguerettaz (UV) ha replicato piccato: “Grave e inopportuna questa richiesta”. Insomma, le premesse del dialogo costruttivo sono già saltate al primo giorno.
Otto donne su trentacinque, pari al 23%, un piccolo passo avanti rispetto alla scorsa legislatura. Ma la rappresentanza di genere non basta a risollevare la percezione di un’aula sempre più distante dai cittadini. L’età media sale a 54 anni: un Consiglio più maturo, certo, ma anche più ingessato.
Un mese di trattative, incontri segreti, telefonate, sondaggi di corridoio. Eppure, nessuno è riuscito a mettere insieme una maggioranza.
La sensazione è netta: la poltrona fa la guerra, non la pace. Tutti la vogliono, ma nessuno vuole cedere un centimetro.
Il copione è lo stesso di sempre: accordi provvisori, veti incrociati, promesse sussurrate e alleanze che evaporano alla prima stretta di mano.
La politica valdostana sembra aver dimenticato che il potere non si eredita né si divide a tavolino: si conquista con un progetto comune. Ma qui il progetto sembra essere uno solo: resistere fino alla prossima adunanza, sperando che nel frattempo qualcuno molli.
L’aula tornerà a riunirsi il 5 novembre, per eleggere il Presidente del Consiglio, l’Ufficio di Presidenza, il Presidente della Regione e la Giunta.
Un calendario istituzionale che sa di countdown: o si trova la quadra, o si apre una crisi lampo.
Per ora, la XVII legislatura inizia con un’immagine perfetta del suo tempo: 35 consiglieri in giacca e cravatta, ma senza direzione.













