Era il 7 agosto quando la commessa di una farmacia si è trovata davanti un ragazzo a volto coperto, con un coltello in mano. Un’arma semplice, ma sufficiente a gelare il sangue e a trasformare un turno di lavoro in un momento da ricordare per tutta la vita. Cinquecento euro strappati via, insieme alla serenità di chi ogni giorno alza la serranda pensando soltanto di servire clienti, non di salvarsi la pelle. Pochi giorni prima lo stesso copione si era ripetuto in una tabaccheria, con la titolare costretta a cedere al ricatto della lama. In mezzo, pure un furto in una pizzeria: un percorso di delitti in rapida sequenza, un crescendo che ha messo in allarme forze dell’ordine e cittadini.
Le indagini, condotte in parallelo da polizia e carabinieri, hanno stretto il cerchio. Telecamere di sorveglianza, denunce precedenti, dettagli incrociati: la storia era già scritta, mancava solo l’epilogo. È arrivato ieri a Ivrea, quando i carabinieri di Aosta hanno rintracciato il giovane e lo hanno portato in carcere a Torino, su ordine della gip del tribunale per i minorenni. Una parabola che, ironia della sorte, si è compiuta pochi giorni dopo il suo diciottesimo compleanno.
E resta l’amaro: come si può bruciare così in fretta la propria vita? E soprattutto, come possiamo sentirci al sicuro quando un ragazzo della porta accanto, che potrebbe essere nostro vicino o compagno di scuola di nostro figlio, trasforma un coltello in una sentenza di terrore? La cronaca chiude il cerchio, ma il senso di inquietudine resta aperto.













