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Salute in Valle d'Aosta | 26 giugno 2025, 08:00

INTERVISTA A MASSIMO UBERTI DIRETTORE GENERALE USL VdA

Sanità in anticipo: meno attese, più visite (anche di sera). L’Azienda USL della Valle d’Aosta pubblica i dati aggiornati sui tempi di attesa per visite ed esami: il trend è in netto miglioramento rispetto al pre-Covid e al dicembre scorso

Massimo Uberti durante l'intervista

Massimo Uberti durante l'intervista

L’Azienda USL della Valle d’Aosta pubblica i dati aggiornati sui tempi di attesa per visite ed esami: il trend è in netto miglioramento rispetto al pre-Covid e al dicembre scorso. Il Direttore generale Massimo Uberti racconta numeri, strategie e novità – dalle liste di galleggiamento in via di esaurimento alle visite specialistiche in orari serali e festivi, fino alla rivoluzione delle ecografie direttamente negli studi dei medici di famiglia. Un’intervista senza sconti, tra obiettivi raggiunti e domande scomode.

Le liste d’attesa sanitarie sono state per anni il tallone d’Achille del sistema pubblico. Il tempo medio per una visita diventava spesso una misura di pazienza, più che un parametro clinico. Ma qualcosa, in Valle d’Aosta, sembra cambiare. Non solo per i numeri, che segnalano un miglioramento evidente, ma anche per l’approccio: visite anche la sera e nei festivi, medici di famiglia coinvolti nella diagnostica di primo livello, attenzione all’appropriatezza delle prescrizioni.

Ne abbiamo parlato a fondo con Massimo Uberti, Direttore generale dell’Azienda USL, classe 1958, nominato nel 2021 e riconfermato dalla Giunta regionale fino al 2026. Laureato in Medicina, specializzato in Statistica ed Epidemiologia, ha alle spalle 40 anni nel sistema sanitario pubblico. Un’intervista senza formalismi, ma con tanta sostanza: ha snocciolato dati, confessato limiti e anticipato progetti in corso.

Direttore, iniziamo dal dato secco: che fotografia ci restituisce giugno 2025 sui tempi di attesa?
“Una fotografia che mostra un’evoluzione chiara. A dicembre scorso solo il 27% delle prestazioni monitorate rientrava nei tempi standard. Oggi siamo al 69%. E non è un trucchetto da statistica creativa. È il risultato di un lavoro sistematico, distribuito su tutti i fronti: riorganizzazione interna, maggiore attività, coinvolgimento del privato, più accessibilità.”

Un risultato che arriva proprio mentre si entra nel periodo estivo, con carenze di personale e agende ridotte. Non è un controsenso?
“Tutt’altro. È un test di stress. Il 25% del personale è in ferie, eppure i numeri tengono. Se i miglioramenti si consolidano in un momento complicato, significa che le fondamenta sono solide.”

E rispetto al periodo pre-Covid, siamo tornati ai livelli di normalità o siamo più avanti?
“Siamo più avanti. Nell’ottobre 2019 avevamo circa il 40% delle prestazioni fuori standard e oltre il 20% delle agende chiuse. Oggi quelle agende sono aperte e il dato fuori standard è drasticamente ridotto. Non siamo ancora dove vorremmo, ma il confronto col passato ci dice che stiamo progredendo, e non poco.”

Parliamo delle famigerate ‘liste di galleggiamento’. La parola suona tecnica, ma evoca incertezza. A che punto siamo?
“È un termine tecnico che purtroppo comunica male. Serve per gestire temporaneamente le richieste quando non si ha una disponibilità immediata. Ma attenzione: a dicembre queste liste erano il 21% del totale. Ora siamo al 7%. E in alcuni settori, come la Gastroenterologia, la lista è stata completamente riassorbita.”

Una lista di galleggiamento azzerata: non succedeva da anni. Come ci siete riusciti?
“Con un lavoro chirurgico: riorganizzazione interna, aumento dell’offerta, sedute aggiuntive. Serve visione, ma anche molta disciplina organizzativa.”

A proposito di offerta: le visite serali e nei festivi sono solo un’eccezione o diventeranno la norma?
“Sono già una realtà. Abbiamo ambulatori attivi di Pneumologia, Nefrologia, Geriatria, Ostetricia e Ginecologia anche nei fine settimana o in fascia serale. E la risposta dei cittadini è molto buona. Questo servizio, frutto di accordi con i sindacati della dirigenza medica, amplia le possibilità di accesso, specialmente per chi lavora.”

La novità vera, però, è forse l’ecografia eseguita direttamente dai medici di famiglia. Una rivoluzione silenziosa?
“Sì, ma dirompente. In passato l’ecografia era un esame specialistico, con tutti i tempi che comportava. Ora la stiamo portando nei territori, grazie alla formazione di circa metà dei medici di medicina generale. Gli ecografi sono già stati consegnati alle Case di Comunità. Non appena completata la formazione, potranno eseguire esami di base in autonomia, riservando al radiologo solo i casi davvero complessi.”

Per capirci: il fonendoscopio del futuro sarà l’ecografo?
“Esattamente. È uno strumento sempre più integrato nella pratica clinica. Come il fonendoscopio una volta, l’ecografia ora permette una prima diagnosi rapida e non invasiva. Ma con un valore in più: evita esami inutili, riduce l’accesso al Pronto Soccorso e snellisce la catena diagnostica.”

Ma non rischiamo una sanità a due velocità, con chi ha il medico ‘attrezzato’ e chi no?
“No, perché la formazione è parte di un progetto collettivo: le AFT, Aggregazioni Funzionali Territoriali. I medici di Medicina generale non saranno più isole, ma squadre coordinate. L’ecografo non sarà di proprietà di un singolo, ma della rete. E ogni paziente sarà preso in carico dal gruppo, non solo dal singolo dottore.”

Un altro pilastro della strategia è l’appropriatezza della domanda. Ci spiega meglio?
“Ogni prestazione ha un costo e una priorità. Se prescrivo un esame che non serve, tolgo spazio a chi ha davvero bisogno. Per questo abbiamo avviato due interventi: la revisione dei criteri RAO – per aiutare medici e CUP a capire quando una visita è davvero necessaria – e la diffusione delle ecografie di base, che alleggeriscono il carico diagnostico. L’obiettivo è rendere l’intero sistema più intelligente, non solo più veloce.”

Anche al privato accreditato avete chiesto uno sforzo. È stato recepito?
“Sì. Abbiamo assegnato obiettivi chiari, commisurati alla domanda reale del territorio. Ma non è un ‘liberi tutti’: i dati vengono monitorati costantemente, e se servono correttivi, li attiviamo. Il privato ha un ruolo, ma deve giocare secondo regole pubbliche.”

Domanda diretta: i cittadini se ne accorgono? Perché molti ancora si lamentano...
“La percezione è sempre in ritardo rispetto al cambiamento reale. È fisiologico. Ma è anche un nostro dovere comunicare meglio i progressi. Se i dati migliorano ma nessuno li conosce, sembra tutto fermo. E poi sì, ci sono ancora difficoltà, soprattutto nella prenotazione. Ma stiamo lavorando anche su quello.”

Appunto, la prenotazione: il CUP continua ad avere una reputazione da girone dantesco. Novità in arrivo?
“Sì. Stiamo rivedendo il sistema, potenziando anche le prenotazioni online e telefoniche. Serve però un cambio culturale: il CUP non può diventare l’unico sportello per tutte le risposte. Se la domanda è più appropriata, anche il servizio funziona meglio.”

Una provocazione finale: davvero basta formare i medici e moltiplicare le visite per dire che la sanità è migliorata?
“Ci sono ancora molte criticità, ma quello che vogliamo comunicare è che stiamo lavorando seriamente per affrontarle tutte.”

Liste d’attesa: numeri a confronto

Indicatore

Ottobre 2019 (pre-Covid)

Dicembre 2024

Giugno 2025

Prestazioni nei tempi standard

39%

27%

69%

Prestazioni fuori standard

40%

52%

24%

Liste di galleggiamento

n.d.

21%

7%

Agende chiuse

20%

0%

0%

Ambulatori aperti nei festivi/serali

Assenti

Avviati

Operativi

Ecografi ai medici di famiglia

Assenti

In consegna

Attivi (in parte)

piero.minuzzo@gmail.com

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