L’acqua è come il sangue della nostra Petite Patrie: scorre, alimenta, modella il territorio e sostiene la vita. Proteggerla, oggi, non è solo un dovere ambientale, ma anche una scelta politica e strategica. È con questo spirito che il Consiglio regionale ha approvato, il 18 giugno, il Piano di tutela delle acque della Valle d’Aosta al 2030 (Pta 2030), uno strumento che definisce la gestione idrica regionale per i prossimi anni. Un piano che promette di guardare lontano, ma che già oggi divide sulle priorità e sulle possibilità concrete di attuazione.
Il testo è passato con 19 voti favorevoli (UV, FP-PD, PlA, SA) e 15 astensioni (Lega VdA, RV, FI, PCP, GM). A larga maggioranza è stato anche approvato un ordine del giorno di Progetto Civico Progressista per garantire la piena attivazione della Cabina di regia prevista dal Piano, con la partecipazione di tutti gli attori coinvolti.
Per l’assessore Davide Sapinet, il Pta non è un documento da archiviare in un cassetto: «È un piano moderno, che guarda al futuro e che affronta con coraggio la sfida dei cambiamenti climatici», ha dichiarato.
Non un semplice aggiornamento tecnico, ma il frutto di un lungo percorso di partecipazione iniziato nel 2016 e concluso pochi mesi fa.
Il piano mette al centro la qualità delle acque, il risparmio idrico, l’uso sostenibile, la prevenzione di dissesti e alluvioni e la promozione di un sistema partecipato di governance: «L’acqua è un organismo vivente che interagisce con territorio e attività umane», ha detto Sapinet, «e per questo serve una gestione integrata e lungimirante».
Il Piano si compone di tre sezioni principali: la relazione generale, il programma operativo e le norme tecniche. Una struttura ambiziosa che – nelle intenzioni – dovrebbe assicurare un equilibrio tra tutela ambientale e sviluppo economico, con particolare attenzione all’agricoltura di montagna e alla produzione di energia pulita.
Tra i sostenitori del Piano, Corrado Jordan (UV) ha scelto il tono del realismo operativo: «In un momento in cui la distanza tra cittadini e politica è ampia, il Pta dimostra che la partecipazione è possibile. Questo Piano non è un manifesto ideologico, ma un documento concreto che permette di valorizzare la risorsa idrica senza depauperarla». E ha rivendicato con orgoglio modelli virtuosi di gestione pubblica e partecipata, citando le esperienze di Grand Combin: «Garantiamo utili e riscaldamento senza fossili. Non parliamo di restrizioni, ma di efficienza».
Dello stesso avviso anche il Presidente della III Commissione, Albert Chatrian (UV), che ha rimarcato il ruolo della stabilità politica nell’elaborazione del Piano: "Dopo 19 anni, dotarsi di uno strumento aggiornato per la gestione delle acque è una responsabilità che la politica valdostana ha saputo assumersi con equilibrio e visione».
Il fronte critico, invece, ha messo in dubbio la reale efficacia del Piano. Stefano Aggravi (RV) ha messo l’accento su ciò che manca: «Il Pta non valorizza appieno l’idroelettrico, una risorsa strategica per la nostra economia. E l’allineamento con normative pensate altrove rischia di snaturare le nostre specificità». Per Aggravi è necessario ripensare anche ai consorzi di miglioramento fondiario e al tema dei bacini di accumulo, che potrebbero garantire sicurezza e sviluppo agricolo.
Più tagliente Luca Distort (Lega VdA), che ha parlato senza mezzi termini di un Piano improntato a una visione ambientalista “calata dall’alto”: «Il territorio non è un parco disabitato. L’acqua va gestita, non idealizzata. È inaccettabile che il Piano consideri negativamente la costruzione di opere di protezione o il prelievo idrico per usi energetici. Noi preferiamo l’ambiente all’ambientalismo».
Il gruppo Progetto Civico Progressista, pur astenendosi, ha ottenuto l'approvazione unanime di un ordine del giorno sulla governance. La consigliera Chiara Minelli ha parlato con franchezza: «Non approvare il Piano in questa Legislatura sarebbe stato un vero échec. Ma le regole restano deboli, specie sulle concessioni. Il rischio è che si tratti di un bel documento strategico destinato a non essere attuato, come già accaduto con il Piano Rifiuti». PCP chiede che le associazioni ambientaliste siedano stabilmente nella Cabina di Regia.
Tra i favorevoli, il Capogruppo Paolo Cretier (FP-PD) ha sottolineato la necessità di una visione locale: «Non basta gestire la quantità d’acqua, dobbiamo garantire anche la qualità per gli allevamenti e le produzioni di eccellenza della Valle. Il Piano tiene conto della realtà agricola, ma anche delle sfide globali».
Aldo Di Marco (PlA) ha parlato di un Piano “dinamico, coerente, in linea con le direttive europee” e ha lodato la scelta di non trattare l’acqua come un mero oggetto economico: «È parte integrante della nostra identità alpina».
La vera sfida comincia ora: la Cabina di Regia, le misure attuative, i tempi e la volontà politica saranno determinanti. Il Pta 2030 promette una rivoluzione nella gestione delle acque, ma come ogni rivoluzione, per riuscire, ha bisogno di essere tradotta in realtà quotidiana.
La Petite Patrie ha il suo Piano. Ora serve volontà per farlo scorrere davvero.