C’è un silenzio denso, di quelli buoni. È il silenzio che ascolta, non quello che ignora. Dentro la sala Maria Ida Viglino del Palazzo regionale, ad Aosta, non volano mosche, ma parole: precise, pesate, che raccontano di bambini, adulti, famiglie e cavalli. Un convegno – uno dei tanti, dirà qualcuno – ma qui la differenza la fanno i piedi sporchi di fieno e le mani che tengono le redini con la stessa cura con cui si stringe la mano a un amico che ha bisogno.
C’è qualcosa nei cavalli che ci guarda dentro. È uno sguardo muto ma potente, che non giudica e non spiega, ma accompagna. Forse è da lì che nasce la forza della Riabilitazione Equestre, una disciplina terapeutica che in Valle d’Aosta ha trovato una casa solida, costruita giorno dopo giorno da chi ha scelto di camminare – e cavalcare – accanto alla fragilità.
Di questo e di molto altro si è parlato venerdì 16 maggio nella sala Maria Ida Viglino del Palazzo regionale, durante una giornata di studio promossa da AVRES Onlus, col sostegno della Regione Autonoma Valle d’Aosta e il patrocinio dell’Università della Valle d’Aosta. Un convegno, sì. Ma soprattutto un incontro di esperienze, di volti, di storie.
A dare il via ai lavori è stata Giovanna Rabbia Piccolo (nella foto), presidente di AVRES e memoria viva di questa lunga avventura cominciata 35 anni fa. Si è alzata in piedi, voce ferma, mani che parlano con gli occhi.
«Oggi non siamo qui solo per raccontare, ma per condividere un pezzo del nostro cammino – ha detto –. In 35 anni, abbiamo costruito una rete nazionale, formato professionisti, camminato insieme a persone con disabilità. Eppure, ancora oggi, ogni volta che un cavallo incontra una persona fragile, nasce qualcosa di unico. La scienza deve studiarlo, certo. Ma serve anche il cuore».
Accanto a lei, l’assessore alla Sanità Carlo Marzi ha portato la voce delle istituzioni. Una voce che, in questo caso, ha saputo ascoltare.
«La Regione vuole continuare a sostenere questi percorsi – ha detto – perché la multidisciplinarietà non è una parola vuota, ma il fondamento della nostra nuova legge sulla disabilità. La Riabilitazione Equestre restituisce autonomia, fiducia, benessere. Fa parte a pieno titolo dei progetti di vita delle persone».
Più politico, ma non meno sentito, l’intervento del Presidente della Regione Renzo Testolin, che ha voluto sottolineare il valore del volontariato: «In Valle d’Aosta ci sono 220 associazioni che operano con spirito di servizio. L’Avres è una di queste. Le istituzioni non possono che accompagnare e rafforzare queste realtà, anche sul piano normativo. Perché senza il cuore del volontariato, la sanità resta un corpo senza anima».
Nel corso della giornata, si sono alternati interventi che hanno dato spessore scientifico al tema, ma sempre con un taglio pratico, vivo. Come quello del neuropsichiatra Giovanni Voltolin, che ha moderato l’intero convegno:
«Volevamo offrire strumenti utili per la pratica quotidiana – ha spiegato –. Perché dietro ogni teoria ci sono bambini, adulti, famiglie che cercano risposte concrete».
Giuseppe Barbiero, dell’Università della Valle d’Aosta, ha incantato il pubblico parlando di ecologia affettiva:
«Il legame con l’animale è solo una parte di un sistema più ampio, che comprende anche la natura, la foresta, il cielo. È il nostro essere biologicamente portati a relazioni che ci curano».
Poi via via sono salite sul palco voci diverse, ma unite da uno stesso filo. Anna Pasquinelli e Giovanna Mazzotta hanno raccontato gli effetti della riabilitazione equestre sui soggetti con disabilità motorie e disturbi dello spettro autistico. Il ricercatore Fabrizio Bertolino ha aperto una finestra inaspettata, parlando del cavallo nella letteratura per l’infanzia: «Simbolo di libertà, di forza, di trasformazione».
Enrica Ceola, invece, ha messo ordine tra le maglie del quadro normativo che regola gli Interventi Assistiti con Animali, ricordando quanto sia importante operare nel rispetto delle regole e della dignità dell’animale.
Il pomeriggio è stato tutto valdostano. Il team di AVRES di Nus – Erica e Monica Biscaro, Monica Martignoni – ha portato in sala la concretezza del lavoro sul campo. Hanno parlato di protocolli, di strumenti, ma soprattutto di relazioni.
«Ogni giorno impariamo qualcosa. Ogni cavallo insegna un modo diverso di entrare in contatto con chi ha difficoltà. Ma serve attenzione, cura, tempo. Nessuna scorciatoia».
L'assessore Cralo Marzi
A chiudere, Elena Rondi, del centro “Sogni e Cavalli Onlus”, ha emozionato tutti raccontando come un sogno condiviso con volontari e famiglie si sia trasformato in un centro attrezzato con scuderie, orto, parco giochi e – soprattutto – storie di vita.
«Siamo partiti da un agriturismo. Oggi accogliamo decine di famiglie. Ma la cosa più bella – ha detto – è vedere i sorrisi di chi, grazie a un cavallo, ritrova se stesso».
Il convegno si è concluso nel silenzio attento di una sala che ha saputo ascoltare. E in fondo, proprio come un cavallo, anche il pubblico è uscito un po’ cambiato. Più consapevole. Più vicino.
Perché quando la cura passa dal cuore – e magari anche da un manto caldo e un nitrito sommesso – allora sì, si può davvero parlare di terapia.