Una generazione viene annientata sotto gli occhi di un mondo assuefatto all’orrore. I bambini muoiono. A decine. A centinaia. A migliaia. Muoiono nelle braccia delle madri, sotto le macerie delle scuole, nelle tende degli ospedali da campo, nei vicoli di Gaza, dove la morte è diventata un'abitudine e il silenzio un complice. Quello che accade nella Striscia di Gaza non è solo un conflitto: è un crimine reiterato contro l’umanità, una guerra senza volto combattuta da eserciti contro corpi fragili, piccoli, innocenti.
Haaretz, quotidiano israeliano, ha avuto il coraggio di dirlo con parole che pesano come macigni: “una guerra di generali contro bambini”. Non è retorica. È una diagnosi, fredda e agghiacciante, di quello che sta avvenendo mentre il mondo distoglie lo sguardo.
A denunciare con forza questa deriva morale è il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, che attraverso il suo presidente, il prof. Romano Pesavento, lancia un appello che è insieme accusa e richiesta di risveglio collettivo: «Siamo educatori, cittadini, esseri umani. Non possiamo accettare che venga normalizzata una strategia che colpisce deliberatamente i più fragili: i bambini, le donne, i malati. Non possiamo rimanere inerti di fronte a questa catastrofe».
Non sono parole scelte a caso. Pesano, come i corpi dei piccoli estratti senza vita dalle rovine, come le lacrime delle madri che non hanno più lacrime da versare. Il Coordinamento, che riunisce docenti di tutta Italia impegnati nella promozione dei diritti umani, condanna senza mezzi termini l’azione militare israeliana, le ambiguità politiche e l’inerzia internazionale. «A Gaza si muore di fame, di sete, di assenza di cure. Si muore sotto le bombe. Si muore nel silenzio», prosegue Pesavento, sottolineando come anche le proposte israeliane più recenti, come la distribuzione degli aiuti attraverso agenzie private, sembrino più un escamotage che una reale volontà di soluzione.
Nel frattempo, mentre la diplomazia si eclissa e l’ONU balbetta, un gesto simbolico ha illuminato una delle pagine più buie di questo secolo: papa Francesco ha deciso di trasformare la sua papamobile in una clinica mobile per i bambini di Gaza. Un gesto di amore cristiano che contrasta amaramente con la crescente militarizzazione e il cinismo geopolitico.
Ma non è solo Gaza. Il Coordinamento denuncia anche l’escalation in Cisgiordania, dove i coloni continuano ad agire con impunità, e la situazione in Siria, dove «l’intervento israeliano – dietro la presunta difesa della minoranza drusa – rischia di celare obiettivi geopolitici legati all’espansione territoriale». Non si può più ignorare che la regione è attraversata da una logica di sopraffazione, annessioni, deportazioni e pulizia etnica silenziata.
«È inaccettabile. È pericoloso. È disumano», tuona ancora Pesavento, che chiama in causa non solo la politica, ma il mondo della scuola, i cittadini comuni, ogni singola coscienza.
Non si può più restare indifferenti. La pace non è un sogno ingenuo da relegare nei discorsi natalizi. È un dovere. È una responsabilità collettiva che deve partire anche dalle aule scolastiche, dove si formano le coscienze del domani. Dove si insegna che ogni bambino ha diritto a vivere, a giocare, a crescere, a sognare. Anche – e soprattutto – se è nato sotto l’assedio.
Il Coordinamento chiede a tutti gli educatori italiani di farsi carico di un messaggio chiaro e inequivocabile: non possiamo più accettare la guerra come soluzione. Non possiamo più accettare la morte dei bambini come “effetto collaterale”.
L’apatia morale è una complicità. Il silenzio è un crimine.
E allora gridiamolo, nelle scuole, nei giornali, nelle piazze, nei consigli comunali e nelle case: la guerra ai bambini deve finire. Ora. Subito.