In alta quota, dove l’erba è più corta ma la fatica più lunga, ogni goccia d’acqua può fare la differenza. Lo sanno bene gli allevatori che da generazioni portano i loro animali a pascolare nei versanti del Parco Nazionale Gran Paradiso, tra pietre antiche e silenzi rotti solo dal suono dei campanacci. E proprio a loro è rivolto un gesto concreto, quasi simbolico ma anche profondamente pratico: la concessione gratuita di vasche mobili per l’abbeverata del bestiame, nell’ambito del progetto europeo Interreg Alcotra ACLIMO.
L’iniziativa, promossa dal Parco, non è solo un aiuto logistico, ma un’azione intelligente e sostenibile per accompagnare l’agricoltura di montagna nell’adattamento al cambiamento climatico. Sono circa trenta le vasche che verranno distribuite in comodato d’uso gratuito agli allevatori attivi nell’area protetta. Vasche semplici, leggere, capienti – da 200 a 400 litri – dotate di galleggiante per regolare il flusso e limitare lo spreco, ma anche studiate per evitare il danneggiamento del suolo erboso, già fragile di per sé nei territori d’alta quota.
Con un investimento di oltre 10.000 euro, il Parco punta a un duplice obiettivo: sostenere la pastorizia tradizionale e, allo stesso tempo, salvaguardare gli habitat umidi, come le torbiere e le zone palustri, che rischiano di essere compromessi dall’abbeverata diretta del bestiame. Non si tratta solo di proteggere la natura in senso astratto: si tratta di capire come convivere in modo nuovo con essa, rispettando i suoi tempi e i suoi equilibri. Un’idea che profuma di futuro ma affonda le radici nel passato.
L’acqua, dunque, come elemento chiave di una coabitazione più consapevole. Un piccolo atto che, moltiplicato per trenta vasche e per decine di giornate di pascolo, può ridurre significativamente l’impatto delle attività zootecniche sugli ecosistemi più delicati del Parco. E se l’esperimento andrà a buon fine, si punta già a replicarlo, cercando nuovi fondi e ampliando la rete degli allevatori coinvolti.
La selezione dei beneficiari sarà attenta e ragionata. Potranno fare domanda singoli allevatori o associazioni, purché svolgano attività zootecnica nel territorio del Parco. I criteri di priorità premiano chi opera in aree vulnerabili al cambiamento climatico, chi possiede un Piano Pastorale, chi gestisce il pascolo in modo sostenibile e chi dimostra disponibilità a collaborare alla tutela delle specie e degli habitat più fragili.
Non è un bando qualsiasi, e non lo è nemmeno la scadenza: il termine ultimo per presentare domanda è il 25 maggio 2025, una data che può segnare un piccolo cambio di rotta nella gestione del pascolo in quota. Un segnale, anche politico, che dice: l’ambiente si tutela non solo con i vincoli, ma con strumenti e risorse che aiutano chi lavora sul territorio a farlo nel modo migliore.
In un’epoca in cui la crisi climatica non è più una previsione ma una realtà, servono soluzioni semplici ma efficaci. E questa iniziativa dimostra che quando istituzioni, pastori e natura si parlano davvero, possono nascere risposte capaci di durare. E resistere. Come le montagne.
Peccato, però, che a fronte di un’iniziativa così concreta e ben congegnata promossa dal Parco Nazionale Gran Paradiso, a latitare sia proprio chi dovrebbe essere in prima linea: l’Assessorato regionale all’Agricoltura. Nessuna dichiarazione, nessun comunicato, nessun segnale di supporto. Eppure si parla di una misura che coinvolge allevatori valdostani, tutela le nostre montagne e affronta direttamente una delle emergenze ambientali più gravi del nostro tempo.
Fa riflettere il silenzio dell’istituzione regionale preposta, che ancora una volta pare più attenta ai tavoli di concertazione che alle esigenze reali di chi lavora davvero sul territorio. L’adattamento climatico non è un convegno, è fatica quotidiana tra i pascoli, è ingegno applicato alla sopravvivenza delle tradizioni. Il Parco ha fatto la sua parte. Ora sarebbe il momento, per la politica regionale, di dimostrare che non si occupa di agricoltura solo quando si parla di PAC o di premi, ma anche – e soprattutto – quando c’è da rispondere. Il Parco Nazionale Gran Paradiso si muove con pragmatismo e visione, colpisce il silenzio assordante dell’Assessorato regionale all’Agricoltura. Nessun commento, nessun sostegno, nessun cenno d’interesse per un progetto che avrebbe potuto – e dovuto – essere preso a modello su scala più ampia. In una regione dove la zootecnia di montagna è al cuore dell’identità territoriale, lascia interdetti l’assenza di una regia regionale che faccia da ponte tra buone pratiche ambientali e esigenze quotidiane degli allevatori. Il rischio è che l’innovazione resti confinata a esperienze isolate, mentre da chi dovrebbe guidare le politiche agricole si continua a non sentire nemmeno un sussurro. E l’acqua, si sa, non aspetta. Soprattutto in montagna.