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CULTURA | 16 aprile 2025, 08:06

Non un caso isolato, ma un grido collettivo

Il Coordinamento Nazionale Docenti dei Diritti Umani denuncia l’escalation di violenze sui minori e chiede azioni immediate: “La scuola diventi presidio di civiltà, i social non siano più terre di nessuno”

L'educazione digitale deve iniziare dalla scuola infanzia

L'educazione digitale deve iniziare dalla scuola infanzia

Una ragazzina di 14 anni. Un uomo di 21 conosciuto online. Una trappola tesa nella rete, poi l’orrore: l’aggressione, la violenza, lo stupro. È successo a Busto Arsizio. È successo nel 2025. Ed è successo, di nuovo.

Il Coordinamento Nazionale Docenti dei Diritti Umani esprime "profondo sdegno, dolore e vicinanza" alla vittima, ma non basta. Questo fatto chiama tutti a raccolta: educatori, famiglie, istituzioni, politica. Non si può più restare in silenzio, né voltarsi dall’altra parte.

Non è un caso isolato. È parte di un fenomeno in crescita, che parla chiaro: +17% di reati contro minori legati all’adescamento online, agli abusi e alla violenza sessuale, rispetto al 2024. Dati forniti da Telefono Azzurro e Polizia Postale. Ma i numeri non bastano a raccontare la verità. Per ogni caso noto, ce ne sono almeno tre che restano nel buio.

"Questa violenza è una ferita profonda per l’intera società", afferma il prof. Romano Pesavento, presidente del CNDDU. "Non possiamo ignorare la responsabilità collettiva nel creare ambienti educativi e sociali più sicuri".

Le piattaforme digitali sono ormai territorio di caccia per predatori che si nascondono dietro schermi e identità fasulle. Le vittime? Ragazze tra i 12 e i 16 anni. Ma anche bambini, più piccoli, più indifesi.

E intanto? La risposta delle istituzioni è lenta, frammentata, inadeguata. Nessuna strategia nazionale. Nessuna legge-quadro. Nessun piano strutturale che metta in rete scuola, sanità, giustizia. Le campagne di prevenzione si affidano alla buona volontà dei singoli. Nelle scuole, l’educazione all’affettività e al digitale non è obbligatoria.

"Serve un cambio di passo", incalza Pesavento. "Occorre rendere obbligatoria l’educazione emotiva e digitale, formare insegnanti e genitori, rafforzare i centri di ascolto, pretendere responsabilità dalle piattaforme social".

Anche in famiglia, troppo spesso, manca il dialogo. Il rischio viene minimizzato. Parlare di consenso, di corpo, di rispetto, sembra ancora un tabù. Ma dove manca la parola, nasce la violenza.

Il 2025 ci chiede coraggio. Ci chiede di scegliere da che parte stare. Perché ogni volta che un bambino viene violato, è la nostra società che fallisce.

"Ogni volta che una bambina o un bambino viene violato, è la nostra coscienza collettiva a essere ferita", dice ancora Pesavento.

Un plauso va alle forze dell’ordine, intervenute tempestivamente per fermare l’aggressore. Ma non basta arrestare un mostro, se non si chiude la porta d’ingresso ai prossimi.

La scuola deve diventare un presidio vero di civiltà. I social devono smettere di essere giungle. E noi, adulti, dobbiamo tornare a fare gli adulti. Prima che arrivi il prossimo caso. Perché arriverà. Se non cambiamo.

red/rp

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