L'incontro tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani aveva l'obiettivo di mostrare una coalizione compatta, ma un comunicato ufficiale ha finito per mettere in luce le solite tensioni. Mentre Fratelli d’Italia parlava di "condivisione sulla posizione del governo riguardo alla guerra in Ucraina", la Lega si è sentita in dovere di aggiungere un tocco personale, dichiarando "appoggio a Kiev, ma contrari a interventi militari fuori dai confini ucraini". Non proprio una sfumatura insignificante, soprattutto in un contesto così delicato.
Il pasticcio non è durato molto, visto che la versione leghista del comunicato è stata ritirata dopo circa quindici minuti. Ma, come si suol dire, il danno era fatto. Salvini ha cercato di spegnere l'incendio spiegando che si trattava solo di una "scelta stilistica" e non di una modifica di contenuto. Insomma, una svista, una di quelle che capitano quando si è di fretta, ma che in realtà ha il sapore di un messaggio politico mascherato da errore tipografico.
Inutile dire che la reazione non si è fatta attendere. Le opposizioni non hanno perso l'occasione di puntare il dito, con Enrico Borghi di Italia Viva che ha ironizzato sul "restyling" leghista del comunicato, sottolineando che la differenza tra le due versioni è come quella tra Viktor Orbán e l'Unione Europea. Anche altri esponenti politici hanno parlato di una figuraccia che evidenzia le crepe nella linea governativa sulla politica estera.
E mentre Salvini si sforza di passare da leader a professore di italiano, la sensazione è che l'episodio non sia solo un problema di stile. Forse la vera "correzione" che la Lega voleva inserire non era solo grammaticale, ma politica, un modo sottile di ribadire la propria posizione senza alzare troppo la voce. In fondo, nel governo delle sfumature, anche un punto e virgola può fare la differenza.