Il covid ha lasciato in eredità ad un 62enne una fibrosi polmonare irreversibile, condizione degenerata fino a causare la perdita della funzionalità dei polmoni e la necessità di ricorrere all’ossigeno in maniera costante portandolo ad essere un candidato per il trapianto, ma durante la visita cardiologica per verificare l'idoneità al trapianto s'è scoperto che in quel momento non era possibile procedere.
“Il paziente presentava una coronaropatia estremamente complessa, con interessamento di tutte e tre le coronarie, – commenta Elvis Brscic, specialista in cardiologia interventistica al Maria Pia Hospital di Torino – il rischio cardiochirurgico era proibitivo per un intervento tradizionale di bypass perché nei pazienti con insufficienza respiratoria grave l’intubazione per la ventilazione assistita necessaria durante l’intervento chirurgico aumenta in maniera significativa il rischio di polmoniti e lo sviluppo di dipendenza da ventilatore con l’impossibilità di svezzamento”.
La sua équipe, in collaborazione con Roberto Garbo, esperto in angioplastiche coronariche complesse, hanno elaborato una strategia che permettesse il trattamento della complessa patologia coronarica attraverso un approccio non chirurgico e senza necessità di anestesia generale: “Il paziente aveva bisogno di una rivascolarizzazione salvavita, condizione necessaria anche per rientrare in lista trapianti, – spiega Garbo – lo studio del caso ci ha portato ad adottare un approccio percutaneo tramite un’angioplastica coronarica complessa con impianto di stent medicati e, per supportare la funzionalità di cuore e polmoni ovviando così alle problematiche respiratorie, ci siamo avvalsi dell’utilizzo di un Ecmo per l’assistenza circolatoria ventricolare extracorporea, una combinazione con un carattere di eccezionalità in ambito interventistico”.
“L’intervento è stato estremamente lungo – aggiunge Brscic – ma gestito efficacemente a quattro mani grazie proprio all’abbinamento della rivascolarizzazione mediante angioplastica con l’Ecmo, dopo sole 48 ore di degenza il 62enne è stato dimesso con indicazione a seguire una terapia antiaggregante”.
Grazie a questa procedura a distanza di qualche mese il paziente sta bene ed è ora in grado di affrontare il trapianto, la situazione clinica è migliorata sul fronte dell’affanno: la mancanza di fiato del paziente era infatti dovuta in parte sia al danno cicatriziale da Covid ai polmoni sia dalla componente coronarica.
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