La “Roca Furà” (700 m circa) è una vera e propria stranezza della natura che si raggiunge percorrendo la statale della Valle di Susa fino a Borgone. Superare sulla destra a centro paese il passaggio a livello e per Via Florio raggiungere la “Cava di Borgone”, quota 420 m circa, seguendo le indicazioni “Palestra di roccia”, a 2 Km dal paese (ampio parcheggio).
Prima di iniziare il percorso a piedi che ci condurrà alla “Roca Furà” (meta di quest’itinerario per esplorarla a fondo) spendo due parole per questa vecchia cava di gneiss abbandonata che è alta una cinquantina di metri e consta di circa 40 vie (35 senza tutte le possibili varianti, con difficoltà che variano dal 4° grado al 7a).
Gli amanti dell'arrampicata su placca e i vecchi alpinisti l’han sempre chiamata “La cava”. Ora, dopo un massiccio intervento finanziato dagli enti pubblici e durato oltre un anno, i cartelli indicano che si arrampica al “Castlas”, ma la sostanza non cambia, in quanto occorre ammettere che l'opera di chiodatura ad anelli resinati è stata grandiosa per aumentare la sicurezza di chi arrampica.
Premesso ciò iniziamo il percorso a piedi che ci condurrà alla “Roca Furà” per esplorarla minuziosamente! Alla destra della falesia (guardandola dal lato di arrivo) parte la mulattiera da imboccare.
Salendo leggermente si arriva a una carrareccia che costeggia alcuni piccoli fondi; dopo poco si arriva a un bivio segnato da due cartelli, a sinistra per Chiampano - Losa, a destra per la Roca Furà.
S’imbocca quindi a destra e si giunge dopo poco a un bivio senza indicazioni. A sinistra (verso di chi sale) c'è la deviazione per il famoso foro che ha dato il nome alla “Roca Furà” con il tratto parzialmente attrezzato, da imboccare per la visita, di cui vi parleremo fra poco perché ora mi preme farvi notare un secondo accesso a questo sito.
Infatti proseguendo in auto dopo il parcheggio della “Falesia” da dove si è partiti a piedi per il primo accesso, si sale verso Achit, superando l’abitato e proseguendo con strette svolte sino a raggiungere la piccola frazione di Mondaneria, già in territorio di San Didero, dove finisce la strada ed inizia il sentiero per la nostra meta.
Prestare attenzione a parcheggiare solo nei tratti consentiti (se avete dubbi chiedete ai gentilissimi residenti). Il sentiero costeggia in alto le case rurali della borgata che riportano al passato e riempiono il cuore di nostalgia.
Il sentiero poi traversa da sinistra verso destra (lato di arrivo). Prendere a un bivio il sentiero (freccia con nome) che scende verso “Avanà” che è una parete di arrampicata super nuova, con 16 monotiri, ove è stato compiuto un grandissimo lavoro di pulizia, comoda e adatta anche alle famiglie, attrezzata dal gruppo “Caprie Verticale”, con nomi e gradi scritti alla partenza di ogni via.
Fornita anche quest’informazione per i rocciatori, si prosegue in discesa verso Chiampano, raggiungendo in mezz’ora dalla partenza il bivio per la “Roca Furà” che ci riporta dall’alto, all’itinerario precedente di accesso alla nostra meta.
Resta ora da esplorare per prima cosa il tratto attrezzato per cui siamo giunti sin qui! Per accedere alla cava della Furà si sale la breve parete verticale utilizzando i pioli infissi nella roccia alla fine dei quali finisce anche il tratto attrezzato con catena nei pressi di un palo bianco e rosso.
Si procede poi su una liscia placca inclinata prestando attenzione a porre i piedi nei gradini scolpiti sulla roccia. Terminata la parte rocciosa si dipana il ripido sentiero che dopo pochi metri giunge alla base del grande buco nella montagna.
Il terreno sotto al foro è inclinato e sabbioso e la rena mista a frammenti di rocce tende un po' a franare. È consigliabile salire mantenendo la destra poiché a sinistra è più esposto. Una volta dentro si possono osservare le macine ancora abbozzate, lasciate lì a causa dell'abbandono della cava. Terminata la visita si scende per il percorso di salita, prestando molta attenzione.
Meglio assicurare con uno spezzone di corda le persone meno avvezze e i bambini. Il percorso escursionistico finisce qui ma non la nostra esplorazione che mira alla cima della Roca Furà e può servire sia ai lettori più ardimentosi che al Comune o Associazioni che volessero valorizzare anche questa parte rimasta selvaggia e non più frequentata.
Per prima cosa proseguendo a sinistra dei gradini dove ha inizio il tratto attrezzato (verso di salita) e dove termina ogni traccia di sentiero, s’intravede un ripido canale che aggira il primo tratto a strapiombo della sovrastante parete. Ci accorgiamo ben presto di essere su un terreno mai percorso prima (prova ne sono le spine che invadono a tratti la roccia). Superato su precari alberelli questo primo tratto, traversiamo a destra in direzione di una placca di 15 metri inclinata che è l’unica possibilità di proseguire (III grado delicato).
Sopra, facendosi largo tra le spine si raggiunge un antro, che percorriamo a “carponi” e che altro non è che un’enorme fenditura della roccia terminante su un baratro di una quindicina di metri e sormontato da strapiombi inaccessibili.
Quando pensiamo che la nostra avventura abbia termine qui, intravediamo sulla destra (guardando verso valle, sinistra di chi sale), facendosi largo tra le spine, un’esile cengia che permette con un passaggio (II) delicato ed esposto, di traversare in direzione di una fascia rocciosa di ottimo gneis non più strapiombante che su 30 metri di piacevole arrampicata (III classico) ci conduce sopra gli strapiombi insuperabili che ci avevano costretti a questa deviazione, che da qui è invece possibile traversare per portarci su una ripida traccia boschiva che ci conduce finalmente in cima alla Roca Furà, da cui si gode un ottimo panorama. Ore 1 dalla base, difficoltà AD – protezioni con fettucce agli alberelli presenti sulla parete.
A questo punto abbiamo chiamato questa nuova salita “Via Daria” per ringraziare la paziente amica che ci ha atteso alla base della parete e che ha tenuto costanti contatti con noi. Il mio amico di cordata si chiama Marco.
Altri nomi appropriati di questo nuovo quanto intricato percorso, nel caso venisse valorizzato e ripulito, visto che la Roca Furà attualmente non ha alcuna via di arrampicata, sarebbe:”Via dell’improvvisazione” o “Via dell’Intuizione”.
Via di discesa: Fortunatamente dopo aver esplorato attentamente il terreno dall’ampia visuale della cima, individuiamo sulla destra (lato di discesa) dei muretti a secco, segno di passaggi risalenti a chissà quanti anni fa, con un’evidente traccia, rimasta tale anche nell’abbandono in cui riversa, che seppur invasa da spine e alberi caduti, fiancheggiando la roccia con tratti addirittura scalinati, degrada con ripidi zig-zag riportandoci in 40 minuti circa a pochi metri dalla base.
Questo percorso potrebbe essere percorso in salita (senza bisogno di attrezzatura, difficoltà: EE, ore 1 scarsa) dai nostri lettori più intraprendenti e vettaioli, purché provvisti di guanti antispine e cesoie. La salita si trova a destra del tratto attrezzato, dove finisce la parete rocciosa.
Ora non ci resta che fare ritorno all’auto (30/40 minuti) per uno dei due sentieri proposti all’inizio per accedere alla base della Roca Furà.
Difficoltà tecnica del percorso (tratto escursionistico con digressione alle macine):
Dalla Cava di Borgone (palestra di roccia):
difficoltà: EE [escursione con salita finale impegnativa ma non obbligata]
esposizione prevalente: Sud
quota partenza (m): 420
quota vetta/quota massima (m): 700
dislivello salita totale (m): 280
località partenza: Cava di Borgone (parcheggio)
cartografia: IGC n. 2 (1:50.000)
ore: 1
Da Mondaneria (sopra Achit)
dislivello salita totale (m): 200 m circa in discesa, 100 m circa in salita
località partenza: Mondaneria (sopra Achit)
cartografia: IGC n. 2 (1:50.000)
ore: 50 minuti.