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ATTUALITÀ | 18 novembre 2021, 21:56

Mauro Carlesso, Alpinista e Scrittore Vegano

A cura di Lodovico Marchisio

Mauro Carlesso verso la Rocca Seirasso

Mauro Carlesso verso la Rocca Seirasso

Sono passati più di trentacinque anni dal 19 luglio del 1986, data che non scorderò mai, anche se conoscevo da “ben prima” Mauro Carlesso e sua moglie Albertina (per gli amici Betti). Desidero partire da questa data per presentarvi quest’uomo molto coerente con le sue idee e i suoi sani ideali, purtroppo rari ai giorni nostri.

Ebbene nel lontano 1986 il mio amico si è sposato. Niente di strano da segnalare se non fosse per il contesto ove ciò è accaduto, ovvero lo scenario di questo matrimonio: l’Alpe Veglia, il cuore incontaminato delle Alpi Lepontine. Ma quest’unione assume ancora più valore perché in realtà i miei amici non si sono sposati all’Alpe Veglia, ma a tre ore d’impervio cammino da esso e cioè alla Bocchetta d’Aurona, che domina la conca di Veglia dall’alto dei suoi glaciali 2.770 metri, uniti in matrimonio da un coriaceo sacerdote Rosminiano tra le lamiere deformate del bivacco Farello, mentre fuori si scatenava una tormenta di acqua, neve e grandine.

Il rito si svolse all’interno di quelle lamiere a botte modello “Barcellan” dove trovarono posto una ventina di persone facendo, credo, raggiungere il record di densità abitativa di quella struttura deputata ad accoglierne solo nove. Il rituale religioso fu emozionante, completo ed esaustivo e la cerimonia fu coronata persino dal tradizionale lancio di riso sulla porta del bivacco a tempesta placata.

Ma non è tutto perché la prima idea, era stata quella di celebrare il matrimonio sulla vetta del Monte Leone a ben 3553 metri d’altezza, ove nessuno o quasi avrebbe potuto seguirli, perché è un’impresa alpinistica di prim’ordine e quasi più nessuno lo sale dall’Alpe Veglia per la lunghezza, il dislivello e le difficoltà del percorso non più segnalato. Ed anche dal versante Ovest, ovvero dal Simplonpass, resta comunque un’ascensione di tutto rispetto.

A onor di cronaca Mauro, per far fede al suo sogno lo salì tre anni dopo proprio dall’Alpe Veglia, con un caro amico comune che oggi non c’è più, portando a termine un’impresa talmente ardua ed avventurosa che meriterebbe un racconto a parte!

Così il giorno delle nozze, quali invitati, parzialmente ci salvammo, anche se fu dura lo stesso, tanto più che la montagna in esame alle quattro del mattino era già preda di una violenta tempesta e nessuno avrebbe potuto affrontarla neppure con un salvacondotto di rilievo come quello Vescovile (va infatti precisato che un matrimonio con rito religioso in siffatte condizioni può essere celebrato e ritenersi valido dal punto di vista civilistico solo su dispensa del Vescovo competente).

Introdotto il personaggio, conosciamolo ora meglio. Mauro Carlesso è nato il 9 gennaio 1959 a Gallarate e dopo svariati impieghi in gioventù, ha lavorato fino all’età pensionabile a Milano in qualità di responsabile amministrativo di un grande gruppo immobiliare. Risiede attualmente sulle colline del lago Maggiore dove vive in simbiosi con la natura.

Vegetariano dal 1990 e vegano convinto dal 2013 si nutre in massima parte con ciò che riesce a produrre direttamente nella sua terra. A livello alpinistico il suo“palmares” non riporta montagne di fama in quanto ha sempre preferito salire cime solitarie e sconosciute nel suo ambiente alpino per eccellenza che è quello delle Alpi Lepontine che conosce molto bene, in particolare quelle dislocate nei bacini del Verbano, Cusio, Ossola e della Val Formazza.

Collabora per diverse riviste di cultura alpina ove mette in risalto l’intreccio tra il mondo della montagna, quello delle scalate e il mondo dei sentimenti, della storia e della cultura alpina. Al suo attivo ha più di cento pubblicazioni su oltre trenta testate. Ha anche condotto una ricerca accurata sul fenomeno dello “Spettro del Broken” in montagna.

Ha altresì collaborato alla redazione di miei diversi libri pubblicati. Ha ricevuto svariati premi in concorsi letterari tra i quali spicca il recentissimo primo posto assoluto in un prestigioso concorso letterario internazionale Italo Svizzero dedicato alla montagna ed alla sua salvaguardia. Per finire desidero fare un breve cenno alla sua opera edita: “Minimal”, recensita da Pierantonio Milone (primario emerito e scrittore) che è, come dice il titolo, una serie di racconti brevi, atti a tradurre le emozioni del vivere quotidiano, sia che rispecchino fatti realmente accaduti o soltanto immaginati e dei quali ciascuno di noi potrebbe essere il protagonista.

Un interprete, che sa abbracciare la terra per sentirne il sapore e l’odore, riportandoci alle “Ore nell’orto”di Hermann Hesse; un uomo che cerca nella natura un rifugio, una sosta, un riparo dalle tempeste dell’anima. L’autore ci parla del fruscio della luce tra le fronde di una betulla in un mattino fresco di nuvole chiare, dei colori di cui la natura s’ammanta per prepararsi a morire; ce ne parla – anche a costo di uscire di strada (Il tornante) - quasi volesse abbracciare la gioia di vivere, prima che essa appassisca nel cuore.

La felicità – pur effimera a volte come un fuoco d’artificio - sta nella libertà di ascoltare la danza della pioggia mentre si taglia l’erba di un prato profumato di lavanda e gelsomino, di contemplare la luna, che sembra illuminare il silenzio del lago o una vetta impervia e invitante al diradarsi della nebbia. La felicità, questo “prematuro profitto di una prossima perdita” – per dirla con Rilke – è la sensazione di possedere qualcosa di splendido, anche se poi ci sfuggirà di mano. Sono istanti di luce in cui si danno contemporaneamente la pienezza e la vacuità, l’assoluto della bellezza e la consapevolezza della precarietà.

Apparenze da amare incondizionatamente. Il dettato, di stampo giornalistico e non privo di ironia, riflette un linguaggio parlato, non privo di qualche espressione gergale. Un alone di tristezza traspare dall’ultimo racconto (Fiori), dettato da una tragedia strettamente personale, che sta tuttora vivendo, dove si parla di fiori recisi, non amati in quanto sembianze di una vita che profuma di morte e paragonati a certi malati di cancro. Un momento di empatia tra autore e lettore, che non può non farsi anima sua.

Nota storica: Il bivacco Farello alla Bocchetta d’Aurona fu installato nel 1980 e smantellato nell’anno 2018 per motivi di sicurezza sia strutturale che geografica. Dal punto di vista strutturale non corrispondeva più agli standard di conformità, dal punto di vista geografico, l’accesso alla Bocchetta negli ultimi anni era diventato proibitivo a causa del ritiro del ghiacciaio rendendo poco usufruibile la struttura. Questo fatto rende ancora più significativa e storica quella celebrazione lontana nel tempo.

ascova

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