Sulle piste sei solo.
È la montagna, è fatta così. Lontana da lidi e lettini, offre in dono una tenera solitudine a coloro chela vanno a trovare, che la scalano o si affaticano tra i suoi passi in estate, che ne percorrono i fianchi più morbidi in inverno. La neve s’increspa attorno agli sci, la vallata si apre, la discesa comincia: che tu sia alle prime armi o alle ultime, la pista è affar tuo.
Avvinghiato alla difesa perfetta dello spazzaneve, tu, principiante,sei determinato a non cadere, a non perdere il controllo. Fissi il punto di incontro delle due assi,badando bene a non farle incrociare, alzando quando puoi lo sguardo per sbirciare la meta. Raccolto in un atomo di velocità, tu, esperto, bevi la montagna tutta d’un fiato, oppure ancora ti concedi di bighellonare, facendo derapate più lunghe e godendoti il lusso di poter tenere gli occhi e i pensieri dove vuoi.
“Lusso” sembra una parola vuota oggi, in un tempo da lupi che ha tirato manrovesci agli usi, alle abitudini, alle convinzioni e alle convenzioni. Il coronavirus ci ha costretti e ci costringe a stare in casa, a rimanere distanti, a rinunciare. Tutto ciò che componeva fluidamente le relazioni e il legame sociale è stato segmentato, virtualizzato, chiamato a rispondere a – doverose – misure di prevenzione e precauzione che stonano come gelide checklist in uno spartito ricco invece di note calde e dolci, come gli abbracci, le strette di mano, il corpo in sé e per sé.
La pandemia non è la montagna: impone e costringe alla solitudine, non la offre, e questa condizione non può che avere un peso diverso sulle spalle delle categorie fragili della popolazione.
Anziani, soggetti sofferenti nel corpo o nella mente, bambini e ragazzi sono indubbiamente più soli degli altri. Prendiamo questi ultimi due, i piccoli e gli adolescenti: mentre i primi iniziano ad affacciarsi sul palcoscenico del mondo, i secondi sono alle prese con le prove generali e con i debutti ufficiali in quel teatro immenso che è la vita oltre mamma e papà.
E in infanzia come in adolescenza sono necessari gli amici, i nemici, le cotte, i prof, gli allenatori, le regole e la loro sfida per costruire a poco a poco un’identità stabile e solida, che abbia preso il colore delle esperienze vissute, degli errori commessi, delle conquiste ottenute. Oggi questi elementi appaiono meno scontati e ci interroghiamo su come e in quale misura possano essere garantiti a chi sta ancora crescendo.
Fortunatamente esistono gruppi e luoghi che non si fermano a osservare i rompicapo ma provano a scioglierli, proponendo vie da seguire che richiedono grande impegno, organizzazione e responsabilità ma che conducono al desiderio,all’entusiasmo, a forme di solitudine meno solitarie. Gli sci club, sostenuti da maestri e volontari,rappresentano un esempio virtuoso in questo senso: nel rispetto delle norme sanitarie, danno a giovani agonisti la possibilità di sperimentarsi in un ambiente lontano da quello urbano, di conoscere nuove persone e di rapportarsi con pratiche che prevedono disciplina, passione e risate.“Stiamo facendo qualcosa di grandioso, che sarebbe normale, ma in questo momento qua è qualcosa di grandioso” dice Massimo Raffaelli dello Sci club Aosta, che ci ha gentilmente concesso un’intervista.
E ha ragione. “Per i ragazzi” continua, parlando della possibilità di allenarsi e giocare sulla neve, “è un’esperienza che si ripete di anno in anno e la stanno vivendo anche in questo 2021.
Per loro si tratta finalmente di un momento di normalità, in un tempo che normale non è”. Ordinario e straordinario, normale e grandioso, termini antitetici che convivono invece sulle piste, tenuti insieme da chi se ne prende cura e i cui sforzi richiamano alla mente le parole di Tancredi nel romanzo Il Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
D’altronde la montagna, in particolare d’inverno, è un luogo che, come l’inconscio, accoglie gli opposti, le contraddizioni: scendi da solo, ma in seggiovia hai condiviso una storia, nel tragitto ti sei fermato per raccogliere qualche consiglio, sul finale ti aspetta la famiglia, o i compagni per un altro giro. Sulle piste sei solo, sì, ma insieme ad altri. E fa sempre un certo effetto, mentre la nuvola creata dagli sci si appoggia placidamente al suolo, fermarti con loro a guardare la strada percorsa e quella da percorrere.
Testo di Pietro Verdelli Psicologo Milano foto di Enrico Luoni Milano