In Valle d’Aosta il paesaggio è mozzafiato, le montagne impongono rispetto, i fiumi disegnano vallate che sembrano scolpite. Eppure anche qui, in quella che da sempre viene percepita come una terra pulita, il rischio di inquinamento, abusi edilizi e corruzione ambientale è tutt’altro che marginale. Lo conferma il nuovo dossier Ecomafia 2025 di Legambiente, che rilancia un allarme nazionale destinato a toccare ogni territorio, anche quelli come il nostro che si immaginano al riparo da simili derive.
I dati dicono altro. Nel 2024, in Italia, sono stati accertati oltre 40mila reati ambientali, con un incremento del 14,4% rispetto all’anno precedente. Ogni giorno si contano 111,2 reati, quasi cinque ogni ora. E se la Campania, la Puglia e la Sicilia restano in testa alla classifica dell’illegalità, il Nord e le aree alpine non possono permettersi distrazioni.
In Valle d’Aosta, il ciclo dei rifiuti è il nervo più esposto. La gestione degli appalti pubblici, in particolare quelli connessi a discariche, raccolta differenziata e depurazione, merita più attenzione e trasparenza. Non mancano segnali d’allarme anche nel settore delle cave e dei materiali inerti, dove la sorveglianza ambientale appare spesso inadeguata e dove il confine tra attività regolare e sfruttamento scorretto del territorio può diventare sottile.
“Non esistono zone franche in Italia sul fronte dei reati ambientali – afferma senza giri di parole Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente –. Anche nelle regioni apparentemente ‘tranquille’, la corruzione negli appalti e la pressione sul territorio sono realtà con cui fare i conti.”
La fotografia scattata da Legambiente non lascia spazio a dubbi. Crescono i clan coinvolti (ben 11 in più rispetto al 2023), aumenta il giro d’affari dell’ecomafia (9,3 miliardi di euro), si impennano le inchieste per corruzione ambientale, ben 88 nell’ultimo anno (+17,3%). Un terzo dei reati si concentra nella filiera del cemento, ma è il ciclo dei rifiuti a registrare l’incremento più forte: +19,9%.
Il dato è inquietante e, al tempo stesso, illuminante. In un’Italia che parla tanto di “semplificazioni” e poco di “controlli”, si fa largo chi vuole approfittarne. “La nostra legislazione si è rafforzata nel tempo – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ma serve un passo in più. Senza controlli, i furbi vincono. Senza norme chiare, le imprese serie sono penalizzate.”
Legambiente ha messo sul tavolo dodici proposte concrete. Si va dall’approvazione dei delitti contro il patrimonio agroalimentare, al rafforzamento delle attività di controllo ambientale, fino alla definizione di un piano nazionale contro l’abusivismo edilizio. Cruciale, poi, è il recepimento della direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, da completare entro maggio 2026. Una riforma “di civiltà”, come la definisce l’associazione.
In Valle d’Aosta, regione autonoma ma pur sempre parte del sistema-Paese, la domanda è: siamo pronti ad alzare la soglia di vigilanza? Le aree protette non bastano se intorno si chiudono un occhio o due davanti a concessioni opache, lavori spinti da logiche elettorali, assenza di controlli reali.
Serve più trasparenza anche nella pubblica amministrazione locale, più sinergia tra enti, maggiore coinvolgimento dei cittadini, veri “sentinelli del territorio”. Le montagne non si difendono da sole. E l’autonomia, se vuole essere davvero utile alla qualità della vita, non può limitarsi alla difesa istituzionale: deve tradursi in responsabilità, controlli e buone pratiche.
“Il nostro Paese ha tutte le competenze per diventare leader nel contrasto ai reati ambientali. Ma serve volontà politica e coerenza nelle scelte”, ricorda ancora Ciafani. Vale anche per la Valle d’Aosta, dove troppo spesso l’ambientalismo resta confinato ai convegni, e troppo poco entra nei bandi, nei cantieri, nei piani regolatori.
La montagne sont belles, mais elles ne pardonnent pas.












