È una scelta che sa di chiusura, quella della Regione Valle d’Aosta, e che rischia di alimentare più di una discarica: anche una frattura istituzionale e sociale. Il Comitato Discarica sicura Pompiod lo dice senza giri di parole: “Esprimiamo profondo rammarico e preoccupazione per la decisione dell’amministrazione regionale di non assoggettare a procedura di valutazione di impatto ambientale la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione alla gestione della discarica di Pompiod.”
Una bocciatura pesante, quella affidata al comunicato stampa, che chiama in causa responsabilità politiche e istituzionali: “Si tratta dell’ennesima occasione persa dall’amministrazione regionale per gestire in modo trasparente e secondo il principio europeo di precauzione l’iter di rinnovo dell’autorizzazione.”
La richiesta di attivare la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) non era campata in aria: non solo veniva da associazioni e comitati, ma era sostenuta dai Comuni di Aymavilles e Jovençan, che hanno redatto “un’attenta e precisa analisi del dettato normativo.” E non va dimenticato che la discarica è stata oggetto di indagini giudiziarie, per le quali era stato anche nominato un perito dalla magistratura.
Eppure la Regione ha tirato dritto. In silenzio. O forse sperando che nessuno si accorgesse dell’atto firmato in sordina. Ma il Comitato rilancia: “La riattivazione della discarica non appare prioritaria ai fini dell’interesse e benessere collettivo, oltre che non in linea con le direttive europee.”
Il punto, infatti, non è solo tecnico. È profondamente politico. Perché mentre l’Europa chiede riciclo, recupero, riduzione dei rifiuti, la Valle d’Aosta sembra guardare ancora alle vecchie logiche di smaltimento. “Sarebbe opportuno indirizzare, per quanto possibile, i rifiuti inerti agli impianti di recupero favorendone il riciclo e il riutilizzo, piuttosto che propendere per la riattivazione delle discariche”, denuncia ancora il Comitato.
Una posizione netta, che suona come un atto d’accusa all’immobilismo (o peggio, alle scelte opache) della Giunta. Perché non si tratta solo di una cava da riempire, ma di un territorio a forte vocazione turistica, attraversato da flussi naturali e fragili equilibri ambientali.
Ora la palla potrebbe tornare ai Comuni. “Auspichiamo che le amministrazioni comunali di Aymavilles e Jovençan presentino prontamente ricorso per l’annullamento del provvedimento, al fine di non vanificare il lavoro svolto finora, a tutela della salute dei propri cittadini e di uno sviluppo sostenibile del territorio.”
Ma il rischio è che tutto si riduca all’ennesimo scontro tra Davide e Golia, tra territori che chiedono voce in capitolo e una Regione che procede a colpi di firma.
Perché il comunicato del Comitato – a differenza delle decisioni regionali – ha il merito della chiarezza. Mentre dalla Regione, di parole, non se ne sente nemmeno una. Non una motivazione pubblica, non un confronto aperto, non una spiegazione sulle alternative.
Nella Petite Patrie l’autonomia si misura anche così: nella capacità di difendere un territorio fragile, non di scaricarlo. E il silenzio, questa volta, suona più pericoloso di qualsiasi percolato.