Era una sera come tante a Lillaz. L’aria frizzante d’alta quota accarezzava i tetti di lose, le luci delle baite tremolavano come occhi stanchi che si chiudono. Ma nella penombra, a mancare erano gli occhi più piccoli: quelli curiosi, guizzanti, a volte sornioni, dei gatti.
Uno alla volta, silenziosamente, come sfumature cancellate da un acquerello, sono spariti. Venticinque. In un mese. Un numero che non lascia spazio al caso o alla leggerezza. Non è una fuga d’amore, né un richiamo alla vita selvatica. È un’assenza pesante, fatta di cucce vuote, croccantini rimasti intatti, nomi sussurrati invano ogni sera.
Qualcuno, all’inizio, ha pensato alle volpi, alle aquile. Ma i gatti di Cogne conoscono le montagne meglio di molti turisti. Non erano cuccioli inesperti. Erano adulti, abitudinari, spesso dotati di GPS. Come quello trovato in un prato tra i larici, smarrito e beffardo. Nessuna traccia del corpo, solo quel collarino, come una firma storta sulla pagina di un giallo ancora tutto da scrivere.
A denunciare, sono stati cinque proprietari. I carabinieri ascoltano, raccolgono indizi, e la Procura di Aosta apre formalmente un’inchiesta. Non si esclude nulla: dal gesto isolato di un mitomane alla mano più oscura di qualcuno che, per motivi ancora ignoti, vuole “ripulire” le frazioni.
A Sonveulla, c’è chi ormai lascia la luce accesa fuori casa, nella speranza che il proprio gatto, se ancora vivo, la riconosca. Altri setacciano i prati, bussano alle stalle, appendono volantini. È nata una piccola mappa del dolore, fatta di puntini rossi, ognuno con un nome: Micio, Luna, Tigro, Zazà...
Nel mezzo del mistero, entra in scena anche l’Aidaa – Associazione italiana difesa animali e ambiente – che lancia un appello, offre una taglia da 1.000 euro e incarica un profiler. Sì, proprio come nei telefilm americani. Un esperto in comportamento criminale per capire chi potrebbe odiare così tanto i gatti da volerli cancellare.
Qualcuno sussurra vecchie storie: maledizioni, riti, ossessioni. Altri pensano a una trappola per fauna, dimenticata e fatale. Ma c’è anche chi, con voce rotta, sospira: “Forse qualcuno li ha presi. Forse per far loro del male. Forse peggio…”
Cogne, che d’estate si anima di passeggiate e risate, oggi ha una macchia scura sul prato. E in questo noir valdostano senza assassino, senza sangue e senza cadaveri, resta la sensazione più inquietante: l’assenza.
E quando cala il sole sulle frazioni, e il silenzio si fa più fitto, si capisce che manca qualcosa. Mancano quei piccoli esseri che, da sempre, osservano il mondo da un davanzale.
“Mais où sont les chats de Cogne?”
— domanda che rimbalza ora come un’eco —
Et si le silence est un cri, alors à Cogne, les montagnes hurlent.












