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CRONACA | 18 maggio 2020, 10:30

Test sierologici sul posto di lavoro, i chiarimenti del Garante Privacy

PRUDENZA IL CORONAVIRUS E' IN AGGUATO - Il Garante Privacy chiarisce: il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente

Test sierologici sul posto di lavoro, i chiarimenti del Garante Privacy

Con la ripresa delle attività nella Fase 2 si pone la questione della sicurezza sul posto di lavoro e della possibilità o meno per i datori di lavoro di effettuare test diagnostici sui propri dipendenti. Il datore di lavoro può effettuare direttamente test sierologici per il Covid-19 ai propri dipendenti?

Quali aspetti bisogna considerare nel promuovere screening sierologici nei confronti di lavoratori appartenenti a categorie a rischio come, ad esempio, gli operatori sanitari e le forze dell’ordine?  A queste domande risponde il Garante per la protezione dei dati personali, che integra sul sito le FAQ riguardanti il trattamento dei dati legati all’emergenza sanitaria.

In particolare il Garante spiega che, nell’ambito del sistema di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro o di protocolli di sicurezza anti-contagio, il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altro professionista sanitario in base alle norme relative all’emergenza epidemiologica.

Solo il medico del lavoro infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici. E sempre il medico competente può suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche riguardo alla loro affidabilità e appropriatezza.

Il datore di lavoro non può trattare dati relativi a referti e diagnosi  Inoltre, l’Autorità precisa che le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami). Il datore di lavoro deve, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità del lavoratore alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire.

Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere posti in essere dal medico competente o da altro personale sanitario, e, comunque, nel rispetto delle disposizioni generali che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti.

Il Garante ha chiarito infine che la partecipazione agli screening sierologici promossi dai Dipartimenti di prevenzione regionali nei confronti di particolari categorie di lavoratori a rischio di contagio, come operatori sanitari e forze dell’ordine, può avvenire solo su base volontaria.

I risultati possono essere utilizzati dalla struttura sanitaria che ha effettuato il test per finalità di diagnosi e cura dell’interessato e per disporre le misure di contenimento epidemiologico previste dalla normativa d’urgenza in vigore (es. isolamento domiciliare). 

bruno albertinelli

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