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CRONACA | 31 agosto 2019, 21:05

Operazione Geenna: Un'avvocatessa torinese la 'talpa' delle microspie nella pizzeria di Raso

Inattesa la reazione del ristoratore accusato di essere il promotore della locale di 'ndrangheta ad Aosta: quando seppe delle cimici sporse querela in Procura per violazione della privacy. Ma chi informò la donna violando il segreto istruttorio?

Operazione Geenna: Un'avvocatessa torinese la 'talpa' delle microspie nella pizzeria di Raso

Cherchez la femme, nell'Operazione Geenna. Sarebbe stata infatti una donna, avvocato del Foro di Torino, a rivelare nel 2015 al suo ex compagno la presenza delle microspie nella pizzeria 'La Rotonda' di Antonio Raso, uno dei principali tra i 20 indagati nell'inchiesta della Dda e dei carabinieri di Aosta su una presunta 'ndrina valdostana.

L'uomo che ricevette quell'informazione coperta da segreto istruttorio ne parlò subito con altri suoi amici e con lo stesso Raso ma quella e altre conversazioni furono intercettate dai carabinieri e ora sono accusati di favoreggiamento Roberto Bonarelli, 64 anni, di Sarre, Giacomo Albanini (58), novarese residente a Castiglione torinese e Giancarlo Leone (56) di Torino. L'avvocatessa al momento non risulta indagata, ma potrebbe trattarsi di questione di giorni. Restano però diverse cose da chiarire: chi, a sua volta, fornì l'informazione al legale; per quale motivo lei la 'girò' prontamente al suo ex senza temere di finire nei guai ma soprattutto 'come' glielo disse, ovvero se realmente svelò che era stata la Direzione antimafia con i carabinieri ad aver piazzato le cimici oppure si limitò a generalizzare sulla possibile presenza di strumenti d'ascolto.
Si legge nell'avviso di conclusione indagini che i tre indagati, nel febbraio 2015 "aiutavano Antonio Raso ad eludere le investigazioni dell'autorità: in particolare gli riferivano che nei suoi confronti erano state attivate intercettazioni telefoniche nonché intercettazioni ambientali presso la pizzeria 'La Rotonda' di Aosta". Il tutto con "l'aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso denominata 'ndrangheta e, in particolare, l'articolazione territoriale della stessa presente sul territorio di Aosta e denominata 'locale di Aosta'" in cui Raso aveva ruoli di "promozione, direzione e organizzazione".

Risulta, però, che Raso dopo aver appreso di essere 'ascoltato' quando parlava in pizzeria sporse querela alla Procura di Aosta per violazione della privacy. "Qualcuno mi vuole male al punto di aver piazzato delle microspie per spiarmi" aveva confidato il ristoratore ad alcuni affezionati clienti e amici, mostrando loro copia della denuncia. Una reazione che, a una prima impressione, poco si adatta all'immagine di un 'capo' di 'ndrangheta che anzi, una volta a conoscenza di essere intercettato, potrebbe cercare di utilizzare a suo vantaggio tale informazione parlando a voce alta costruendo menzogne e depistaggi.

Per gli inquirenti, però, Raso sporse querela nel tentativo di scoprire chi realmente avesse messo le cimici e intanto, mentre le 'indagini' della magistratura aostana erano in corso (ovviamente i magistrati erano al corrente dell'attività della Dda), il presunto promotore della locale di 'ndrangheta di Aosta "era diventato particolarmente prudente - si legge nell'avviso di chiusura indagini - al punto da abbassare la voce nel corso delle conversazioni all'interno della pizzeria e di conferire con alcune persone nelle ore di maggiore afflusso di clienti nel locale, in modo tale da utilizzare il rumore di fondo del locale come elemento di disturbo".

patrizio gabetti

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