Nel 2012 la spesa sanitaria pubblica pro capite in Valle d'Aosta è stata di euro 2256 euro (la media in Italia era di 1860 euro ), mentre nel 2011 quella privata si è attestata su 653,50 euro (la media in Italia era di 485 euro).
Facendo riferimento ai ticket della sanità valdostana, tra il 2011 ed il 2012 il totale delle compartecipazioni è passato da 7 milioni di euro a 7,4; i ticket sui farmaci da 1,4 a 1,5; la compartecipazione alla spesa per prestazioni sanitarie da 5,7 a 5,8; i ticket sulle prestazioni specialistiche ambulatoriali da 5,6 a 5,8.
Dalla lettura dell’indagine conoscitiva delle Commissioni Salute e Bilancio del Parlamento il nostro SSN pare essere una struttura che può reggere, anche se importanti e ricorrenti scricchiolii iniziano a farsi sentire. Il Dlgs 502 è nella sostanza stato smontato nel tempo e le diverse spending review ( e relative manovre “lacrime e sangue”) hanno ridotto il finanziamento del SSN al 7,1 del PIL ( 9,3 area OCSE, 10 area UE ). Ma il vero problema emergente sono i 30 MLD di euro della spesa privata in sanità a fronte dei 107 ( di cui circa 4,5 derivanti dai tickets ) spesi dallo Stato che ci mettono di fronte ad un rischio default sanitario, ma all’interno delle famiglie meno abbienti. Si sono stimati ben 9 milioni di italiani che risulterebbero fuori dalla copertura sanitaria sia pubblica che privata, logica assolutamente antitetica ai principi ispiratori del SSN. Oltre il 13% delle segnalazioni giunte nel corso del 2013, agli sportelli del Tribunale per i diritti del Malato di CittadinanzAttiva, riguarda costi a carico dei cittadini per accedere ad alcune prestazioni sanitarie; il dato è in aumento rispetto allo scorso anno quando si attestava al 12%. Dalla viva voce delle persone emerge la necessità, l’imbarazzo e talvolta la rabbia di dover scegliere a cosa rinunciare, per far quadrare i conti familiari, con buona pace del detto popolare “sulla salute non si risparmia”. Le famiglie sono sempre più ristrette nel numero di componenti, alle prese con disoccupazione o incertezza delle entrate reddituali e con servizi di supporto e di welfare carenti nella maggior parte dei territori. Il bisogno di cura e assistenza per i propri cari diventa sempre meno conciliabile con le esigenze di lavoro (o di ricerca di una occupazione).
Genitori anziani e/o familiari e amici rimasti soli (senza una protezione sociale) e figli di cui occuparsi contemporaneamente all’attività lavorativa; coniuge anziano che si prende cura dell’altro che “sta peggio”, sono alcuni esempi pratici di vita quotidiana con la quale le persone che ci contattano si misurano e sono costrette a districarsi. Quando il reddito diventa più esiguo, ovviamente, occorre agire sulle uscite e anche quelle per la salute diventano sacrificabili. Nel Rapporto PIT Salute 2014, al primo posto si conferma anche quest’anno il costo per l’accesso ai farmaci e risultano in aumento le segnalazioni sui costi sostenuti per il pagamento dei ticket per specialistica e farmaceutica dalle persone che sono affette da patologia rara non riconosciuta ufficialmente dal DM 279/2001: si passa dal 4,8% del 2012 al 6,8% nel 2013. Si taglia sulla spesa per l’intramoenia e si nota chiaramente un aumento relativo al peso dei ticket, tanto per le prestazioni diagnostiche e specialistiche, quanto per il pronto soccorso. La stessa Corte dei Conti certifica che la spesa sostenuta dagli italiani per i ticket sanitari nel 2013 è di circa tre miliardi di euro.
La «compartecipazione» per l’acquisto di medicinali e per il pagamento di prestazioni sanitarie ha subito un aumento di 700 milioni rispetto al 2010 (+25%). Questo importo è il risultato della somma della compartecipazione di 1,4 miliardi per la farmaceutica e 1,5 per le prestazioni sanitarie, in prevalenza per la specialistica ambulatoriale (1,3 miliardi). In valore assoluto, nel 2013 hanno pagato più ticket i cittadini della Lombardia (490 milioni di euro), seguiti da quelli del Veneto (319 milioni), Lazio (281 milioni) e Campania (238 milioni).
Il pagamento dei ticket sta divenendo, dunque, un vero e proprio ostacolo da superare per accedere alle cure: induce a scelte di procrastinazione delle prestazioni ritenute meno importanti, fino alla rinuncia per quelle di carattere preventivo. Le segnalazioni relative ai costi per la mobilità sanitaria subiscono una lieve flessione (dal 9,9% al 9,4%). Sono comprese in questa voce le difficoltà ad anticipare le spese per viaggio e alloggio o ad ottenere il rimborso del quale si ha diritto; la necessità di dover sostenere spese perché la ASL stenta o ritarda a concedere l’autorizzazione per cure all’estero o fuori regione. In questa ultima fattispecie è tipico l’esempio di persone anziane che vengono assistite a turnazione tra figli residenti in regioni diverse. Aumentano le segnalazioni relative ai costi insostenibili delle rette per le RSA (8,8%). Per le persone che hanno bisogno di una certa intensità di cure e che non possono rimanere o trovare assistenza a casa, si corrispondono ogni anno in media 7.390 euro (per strutture residenziali o semi-residenziali). Quando si fa la scelta di garantire alla persona l’assistenza nel suo ambiente familiare, per evitare alla persona di vivere disorientamento, senso di abbandono e di trascuratezza, si ricorre a badanti, con costi ancora superiori: 9.082 euro l’anno in media. A questo si vanno ad aggiungere i costi per visite domiciliari, che quest’anno, in termini percentuali, vedono un raddoppiamento di segnalazioni rispetto all’anno precedente (per visite specialistiche e riabilitative una persona con patologia cronica o rara spende in media 1.070 euro annue). Per l’assistenza protesica e integrativa si spendono in media 1.274 euro (537 per protesi e ausili; 737 per dispositivi medici monouso, vale a dire pannoloni, cateteri, materiali per stomie, ecc.).
Questi costi sono sostenuti per compensare quantità erogate dal Servizio Sanitario non sufficienti; per supplire alla scarsa qualità o innovazione di quelli concessi, al fine di preservare una migliore qualità di vita; in via transitoria fin quando non si completa l’iter di burocratico per l’erogazione di quanto si ha bisogno. Qualora la persona dovesse trovarsi nella condizione di dover adattare completamente la sua abitazione a mutate esigenze di salute e cura (come ad esempio riduzione della capacità motoria, sensoriale, ecc.) si spendono in media 3.711 euro annue. Tutti costi che, senza una strategica soluzione politica, sono destinati ad aumentare già nel 2015.
Il Sistema sanitario britannico è durato 66 anni ed è stato definitivamente trasformato il 31 marzo 2014. Rimangono ancora operativi i Servizi Sanitari dei Paesi Scandinavi ed il nostro, che dobbiamo difendere guidando Politici/Dirigenti in quella che è la terza Rivoluzione Sanitaria.













