Il numero di malati di Alzheimer in Valle d’Aosta sfugge a precise rilevazioni statistiche. Tuttavia, i numeri nazionali e internazionali indicano un rapporto di 800-1000 casi ogni 100mila abitanti, cifre alle quali è possibile allinearsi anche sul territorio regionale.
Per fare fronte alle esigenze delle famiglie e degli anziani che sono ospitati nelle strutture sociosanitarie (microcomunità e strutture protette), gestite dalle otto Comunità montane valdostane e dal Comune di Aosta il Celva ha promosso un corso di formazione su Alzheimer e disturbi comportamentali appositamente dedicato agli operatori socio-sanitari, per qualificare l’impegno di chi opera quotidianamente a contatto con persone in grande difficoltà.
Alla formazione, tenuta da Letizia Espanoli, consulente nell'area dei servizi socio-sanitari ed educativi, hanno partecipato 24 operatori provenienti da tutto il territorio regionale. Spiega Espanoli: “Sappiamo che l’1% della popolazione è affetta da diversi tipi di demenza, fra i quali è complesso, per la natura stessa della malattia, diagnosticare precisamente chi soffre di Alzheimer, e soprattutto all’inizio”.
Le famiglie dei malati sono in difficoltà: psicologicamente ed emotivamente, nel riconoscere la malattia del proprio caro; economicamente e nella pratica quotidiana, perché devono affrontare l’iter di riconoscimento della malattia, che dalla dichiarazione di non autosufficienza permette di arrivare anche al supporto dell’assegno di accompagnamento. Raccomanda Espanoli: “Il benessere dei malati passa anche da quello delle famiglie e degli operatori: dobbiamo riuscire a perseguirlo come un tutt’uno. Per evitare disagi nella professione di Oss e arrivare a situazioni di “burn-out”, durante il corso abbiamo detto che non dobbiamo creare distanze nei confronti dei malati, ma dobbiamo essere capaci di accogliere nella nostra relazione con gli anziani a noi affidati tutto quello che ne arriverà, nel bello e nel doloroso. Se non stiamo bene, non saremo capaci di fare stare bene le persone. Così come nei confronti delle famiglie, non dev’esserci mai giudizio, ma accoglienza”.
Lorella Ferrero è referente di struttura presso la microcomunità di località Variney a Gignod, gestita dalla Comunità montana Grand Combin. Dice: “Oggi abbiamo appreso strumenti importanti, perché li possiamo mettere subito in pratica nel nostro lavoro. La formazione ci ha motivato a rimetterci in gioco: durante il corso abbiamo imparato come fare per farlo individualmente e per rispondere alle esigenze degli utenti, a capire l’importanza di vivere in un universo amico, che ti porta ad apprezzare quello che hai, a trovare soluzioni e a vedere i problemi come opportunità. Ognuno può fare un piccolo pezzo e la parte umana è fondamentale per dare valore alla nostra professionalità”.
Particolarmente delicato il tema dei rapporti con i familiari, “che è importante comprendere nella loro difficoltà di accettare la malattia e la sofferenza che ne consegue: la famiglia non ha bisogno di consigli, ma di essere capita”. Allo stesso modo, prosegue, “è necessario capire che i disturbi di comportamento dei malati non devono essere considerati dei sintomi, ma un linguaggio per dire qualcosa”.
I malati di Alzheimer hanno bisogno di un ambiente su misura delle loro particolari esigenze, che sono diverse da quelle degli altri utenti delle microcomunità.
Patrizia Mauro, segretario della Comunità montana Grand Combin, dal punto di vista dell’ente gestore sottolinea come “sia una malattia relativamente nuova da gestire e particolarmente impegnativa, sia dal punto di vista organizzativo per l’ente, sia da quello psicologico ed emotivo per gli operatori socio-sanitari coinvolti. Nelle fasi iniziali della malattia l’anziano è sempre più confuso, riconosce sempre meno persone e luoghi, tende ad allontanarsi dalle strutture sanitarie. Il nostro impegno va allora nella direzione di investire nella formazione, di qualificare le attività di assistenza e di promuovere tutta una serie di accorgimenti molto concreti presso le micro, come l’utilizzo di colori diversi e riconoscibili per le porte, le stanze, le divise degli operatori”.
Per il supporto socio-sanitario ai malati di Alzheimer gli enti locali prevedono, oltre alle microcomunità direttamente gestite, anche posti letto in centri riservati, attraverso apposite convenzioni con la Regione e alcune aziende private, così come aiuti mirati per i malati che rimangono in famiglia.