E’ una migrazione silenziosa e dimenticata dall’opinione pubblica che coinvolge la regione del bacino del Lago Ciad dove si affacciano il Camerun, il Niger, la Nigeria e il Ciad.
Dal 2009 l’area è stata assediata da Boko Haram nel tentativo di instaurare un califfato islamico in Africa occidentale; le violenze delle milizie dell’estremista jihadista si sono concentrate in particolare nel nord-est della Nigeria. Ad oggi solo in Nigeria vi sono 1,9 milioni di sfollati interni (73% dei migranti) di cui la metà è costituita da bambini. Molte persone sono state sfollate più volte con conseguenti modelli complessi di movimenti interni e lungo i confini.
I rifugiati vanno a inasprire le già difficili condizioni di vita delle comunità che vivono nel bacino del Ciad, che per millenni ha nutrito le popolazioni del luogo, ma dai primi anni ‘60 in poi il lago si è notevolmente ridotto a causa dei cambiamenti climatici e del consumo di acqua, determinando insicurezza alimentare nelle popolazioni che abitano nella regione.
“Già prima di Boko Haram il nord-est della Nigeria era molto povero” – spiega Tiziana Fattori, Direttore Nazionale di Plan International Italia (https://www.plan-international.it/) – “la dispersione delle persone ha aggravato la situazione, portando le persone sfollate a vivere in pessime condizioni”.
L’impatto più grave si ha sulla vita dei bambini: 1) le scuole sono l’obiettivo primario di Boko Haram, per cui vengono chiuse e gli insegnanti fuggono dal territorio; 2) ragazzine e giovani donne sono rapite dai miliziani, sottoposte a violenze sessuali e psicologiche, date in sposa o costrette a diventare schiave anche per soddisfare sessualmente i soldati; 3) i maschi sono arruolati come bambini soldati.
“Tra gli esuli vi è un ampio numero di bambine che sono state sottoposte a violenze di ogni tipo” – continua Tiziana Fattori – “Alle bambine tocca pagare sempre doppio in quanto quelle abusate vengono stigmatizzate dalle comunità, specie se rimaste incinte durante la cattura. Infatti molte di loro non vogliono tornare nel loro villaggio, temendo il disonore per la loro famiglia che le ripudierebbe”.
Di conseguenza i programmi in loco di Plan International per i bambini migranti hanno due focus: la protezione infantile e l’aiuto alle vittime di violenza di genere: vengono creati spazi “child friendly” – anche sotto forma di unità mobili – in cui i bambini possono giocare e studiare, restituendo loro un senso di normalità; si dà assistenza medica e psicologica alle bambine, alle adolescenti e alle giovani donne, vittime di violenze sessuali e/o abusi, aiutandole a ricostruire la loro vita per impedire che siano stigmatizzate dalla comunità.