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Chez Nous | 26 novembre 2016, 12:00

Politichetta politichini faide & casinò

Politichetta politichini faide & casinò

I nostri politichini sono impegnati in una guerra tra faide che sta danneggiando il casino di Saint Vincent, una macchina da soldi che ha arricchito la comunità valdostana ma che ora è caduta in disgrazia proprio per le lotte intestine tra e all’interno delle forze politiche.

I politichini hanno perso di vista il fatto che il casinò è fatto di persone e famiglie, ma hanno capito che non più terra di conquiste elettorali o di altre conquiste. Alcuni politichini fanno la guerra al casinò perché tra un tentativo di ribaltone all’altro sono rimasti a bocca asciutta.

Tra scioperi e ammennicoli vari ci sono famiglie e lavoratori che hanno perso in un anno più di 5.000 euro. Tanti scioperi più dal sapote politico che sindacale e proprio chi ha aderito agli scioperi politici ora si accorge che è abbandonato da quella stessa politichetta che ora punta il fucile sul casinò per impallinare la Giunta regionale e soprattutto il suo presidente. Insomma c’è chi ammette che andava meglio quando pensava che il casinò andava male.

Lo dimostra la questione sui 48 milioni che la Regione deve restituire al casinò per le anticipazione fatte all’avvio dei lavori di ristrutturazione. I politichini della politichetta per impallinare Rollandin e l’assessore regionale alle Finanze, Egor Perron, entrato in Giunta proprio per risolvere i problemi del casinò secondo i desiderata di alcuni complottardi, vogliono lasciare senza stipendio i dipendenti della Casinò de la Vallée spa.

I politichini della politichetta hanno dimenticato, o fingono di dimenticarsi che secondo la legge regionale n. 49 del 2009 la società che gestisce la Casa da Gioco avrebbe diritto a chiedere alla Regione il ristorno dei costi per il piano di sviluppo, piano di sviluppo ampliato e sempre approvato dalla Regione stessa negli anni successivi. Concettualmente potrebbe stare in piedi: la Regione ha acquistato il Grand Hotel Billia, lo ha gestito tramite Finaosta per alcuni anni e poi, visto che non succedeva nulla, lo ha conferito al Casinò insieme alle strutture della Casa da Gioco stessa.

Di più, i politichini della politichetta fingono di dimentica che hanno richiesto alla società di gestione di intervenire per sistemare le strutture fatiscenti risalenti al 1982. Infatti la manutenzione del Casinò era di competenza della Regione ma poco o nulla in tanti anni era stato fatto, tant’è che senza gli interventi e la messa a norma le strutture avrebbero dovute essere chiuse con buona pace di tutti.

Il casinò ha fatto rapidamente i lavori fidandosi in un certo senso dell’impegno regionale, anticipando i soldi e quando li ha finiti facendoseli prestare da Finaosta e dalle banche.

I politichini della politichetta dimenticano che negli anni più di un miliardo di euro è entrato nelle casse Regionali direttamente e, probabilmente, altrettanti soldi indirettamente sono confluiti sotto forma di entrate fiscali e indotto. Basti pensare che ancora oggi se si sommano tasse varie, tasse di concessione e indotto il casinò rende alla Regione molto di più di quello che fino ad ora la la stessa ha speso per i lavori; a fronte di questo però per 30 anni nessun intervento era stato fatto e da un giorno all’altro si è dovuto sistemare tutto prima che crollassero i soffitti.

Di più, la società di gestione si è assorbita gli ammortamenti per il conferimento degli stabili e le perdite dell’hotel acquistato nel 2006 e, nel 2013, la crisi del gioco ha cominciato a picchiare veramente duro e la situazione politica ha fatto deragliare i progetti imboccando la strada sbagliata.

Si perché se da un lato è normale che una proprietà si prenda cura della propria azienda finanziandola (finalmente dopo 30 anni) e investendo in lei, dall’altro lato le varie ingerenze dei politichini della politichetta hanno frustrato i progetti di risanamento.

Anche uno studente di seconda ragioneria nel leggere il bilancio del casinò si rende conto che tutto si gioca sull’adeguatezza del costo del personale. Nessuna azienda di questa tipologia potrebbe sopravvivere con costi simili, quasi 80.000 euro all’anno per ogni dipendente e un numero totale di addetti fuori logica anche a causa degli orari di lavoro (si parla in alcuni casi di 25/28 ore di lavoro settimanale) e di ferie e permessi vari.

Così, chi gestiva prima la casa da gioco, decise di intervenire per portare a reddito gli investimenti effettuati, l’obiettivo era quello di riscrivere le regole del gioco, sia economiche sia normative, in modo da mettere in sicurezza l’azienda e cominciare come da piani presentati a fare utili dal 2016. Ma a Luca Frigerio, allora amministratore della Casinoò spa, e alla sua dirigenza questo è stato consentito solo in parte, perché la politichetta dei politichini non aveva il coraggio di mettersi contro 800 lavoratori, nessun politico o sindacalista ha il coraggio di dire che pagare esattamente il doppio un lavoratore rispetto a qualsiasi altro cittadino italiano o dipendente regionale, a parità di funzione, ha un minimo senso.

L’allora dirigenza del casinò fece un piano ambizioso, portare a circa 30 milioni i costi del personale e un nuovo contratto con orari e ferie adeguate alle esigenze, i contratti di secondo livello furono disdettati e si aprì una nuova fase con previsioni sostenibili.

Ma durò poco, la politichetta e si sindacati avevano già previsto altro. Infatti la dirigenza fu sostituita e in cambio alcuni politici entrarono in maggioranza e i sindacati accettarono, in cambio della sospensione delle disdette contrattuali, un accordo sindacale che invece di consolidare 13 milioni di risparmi oltre i pensionamenti, dai dati forniti recentemente, ne consoliderà nel 2016 3.5 milioni più altri 1.5 da pensionamenti anticipati.

rattandosi di un accordo sindacale e non di un atto unilaterale ci voleva però l’accordo dei lavoratori oltre di quello dei sindacati, pertanto la procedura cosiddetta Fornero fu ampliata a dismisura per convincere più lavoratori possibili a votare si.

Già perché con la Fornero i lavoratori possono stare a casa pagati dall’azienda fino a 4 anni, fintanto cioè quando maturano il diritto alla pensione, percepiscono leggermente meno ma in pratica percepiscono quanto percepirebbero ora con la leggera diminuzione di stipendio che ha interessato l’accordo, in pratica all’azienda questi lavoratori costano più o meno allo stesso modo fuori con la Fornero o in azienda a lavorare. Ma questo i politichini della politichetta fanno finta di non sapere.

Oltre a questo e al fatto di dover sostituire con altro personale parte di quello uscito che continua a costare più o meno allo stesso modo all’azienda, come ammesso recentemente dalla stessa dirigenza, si tratta di una procedura onerosa anche perché tutti i soldi che l’Inps erogherà a chi esce dall’azienda devono essere anticipati con una fideiussione bancaria, svariati milioni di euro (6 nel solo 2016), soldi che chiaramente l’azienda non ha e deve farsi prestare pagando gli interessi. I politichini della politichetta fingono di non sapere che per questi motivi l’azienda ora ha bisogno di liquidità e quindi reclama i suoi soldi, ma un conto sono gli investimenti e un conto è la gestione che con gli attuali costi del personale rimane negativa.

Infatti i costi per gli interessi sui mutui sono ormai ininfluenti, gli investimenti c’entrano ormai poco, il problema sta nel fatto che con i costi attuali del personale le speranze di risanare l’azienda si sono ridotte al lumicino. Per cui la dirigenza ha fatto marcia indietro e ha chiesto ai sindacati di rivedere i contratti, ma ormai è tardi, chi gestisce l’azienda è totalmente sfiduciato sia dentro sia fuori l’azienda e i sindacati non hanno alcuna intenzione di tornare dai lavoratori a ridiscutere gli accordi, nessun nuovo accordo passerà mai anche perché in cambio, per esempio la Fornero, non c’è più nulla da barattare.

I politichini della politichetta fingono di non sapere c’è un altro problema; ovvero, non essendoci più risorse da investire le attività di marketing e gestione della clientela sono state tagliate e i clienti di livello emigrati verso altre strutture, innescando una spirale negativa che non si è ancora esaurita. Basti pensare che nel 2015 furono spesi 900 mila euro per commissioni relative al gioco effettuato dalla facoltosa clientela cinese, quest’anno non si spenderà manco un euro, risparmiando quei soldi ma rinunciando ad entrate, come dichiarato ai media da chi gestisce la casa da gioco, pari a circa 2.5 milioni di euro.

Questa difficoltà oggettiva, mancanza di visione e scelte gestionali discutibili hanno portato il casinò di Saint-Vincent ad essere l’ultimo per andamenti in Italia e dell’aumento del gioco e delle mance registrato dalla fine degli scioperi del 2014 che portò nel 2015 ad una crescita generale di tutti i segmenti di fatturato, non c’è più neanche l’ombra, il trend ha virato in negativo.

Secondo le previsioni presentate recentemente in Regione mancheranno all’appello circa un milione di mance che diventano due se si somma la quota parte dei lavoratori. Le previsioni negative di fatturato dei giochi sono invece da rettificare al ribasso come da dati attuali e mancheranno, verosimilmente, alla fine dell’anno circa 4.5/5 milioni di euro. Solo l’hotel procede secondo i piani, ma questo è dovuto al grande apprezzamento della clientela rispetto alle strutture ammodernate con i recenti investimenti.

Intanto la polemica politica impazza. I politichini della politichetta sono impegnati in fai di potere e nessuno vuole prendersi la responsabilità di scegliere, da un lato non si vogliono pagare i lavori di ristrutturazione perché non c’è fiducia in chi gestisce ma gli impegni erano stati presi nel passato, dall’altro lato però non si vuole affrontare il problema alla radice innescando un loop dagli sviluppi imprevedibili. Pertanto i politichini della politichetta non effettuerànno nessun ristorno e la società di gestione sarà obbligata ad abbattere il capitale con effetti difficilmente prevedibili a riguardo dei ceditori e delle banche.

I politichini della politichetta fingono di non sapere che nessun manager nell’immediato accetterà di sostituire gli attuali oramai al capolinea, forse solo in previsione di una privatizzazione, che sembra però un percorso ad ostacoli data l’attuale situazione politica. Per cui c’è da chiedersi quali soluzioni troveranno i politichini della politichetta; l’attuale dirigenza ha prodotto una serie di piani che non sono piaciuti a nessuno, per cui sembra assurdo andare a chiederne altri agli stessi, inoltre, fintanto che non ci sarà una presa di coscienza vera di quello che c’è da fare sarà sempre un’agonia, eppure gli interventi da porre in essere non sono così complessi, basta avere le idee in chiaro, ma su questo ci sono molti dubbi, anche perché bisognerebbe dare ragione a chi invece ci aveva visto lungo.

Ma questo non rientra nella filosofia della politichetta.

Per questo il casinò morirà.

Con soddisfazione dei politichini della politichetta che per interessi poco nobili, per faide e nefandezze sacrifica il nostro casinò.  

piero.miniùuzzo@gmail.com

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