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ECONOMIA | 17 dicembre 2025, 12:00

Valle D'aosta: L'isola felice...ma non più tanto

La Valle d'Aosta non è più l'isola felice che ama raccontarsi: tra caro vita, servizi sempre più costosi e stipendi fermi, anche la regione alpina fa i conti con una crisi concreta e quotidiana. Dal teleriscaldamento alla TARIP, passando per affitti proibitivi e nuovi monopoli, il benessere resta spesso solo sulla carta

L'IA ha immaginato il crepuscolo del Paese del bengodi

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La crisi morde solo in Italia o anche in Valle? Domanda più che legittima, visto quello che si legge sui social e si sente tra la gente, nei bar e per strada. La crisi morde, eccome se morde, anche se cerchiamo di nasconderlo persino a noi stessi, forse per dignità, forse per vergogna.

In Valle d'Aosta il costo della vita è considerato tra i più alti d'Italia, mentre gli stipendi risultano tra i più bassi del Paese. Uno squilibrio che trasforma il sogno alpino in un incubo economico per molte famiglie valdostane. In pratica, il panorama delle montagne scalda il cuore, ma di certo non il portafoglio.

Prendiamo il teleriscaldamento di Aosta: comodo, relativamente efficiente, ma per una famiglia media rappresenta una delle spese più pesanti del bilancio domestico. Da analisi condotte su diversi condomini, la media per riscaldare un alloggio di 90–100 metri quadri si aggira tra i 1.300 e i 2.000 euro annui. Una mensilità intera se ne va solo per non morire di freddo. Se poi sei in affitto, aggiungi altri 500 euro mensili minimo. Fate voi i conti.

E qui si riapre un discorso doloroso, come ebbe a dire il responsabile di un'associazione dei consumatori: «Abbiamo sostituito il monopolio di Stato con il monopolio privato». Infatti, oggi il 70% degli immobili del Comune di Aosta è gestito dalla società Telcha, che decide i prezzi del kWh in piena autonomia. Eppure, agli esordi, il discorso era tutto incentrato sul “notevole risparmio” che aveva convinto molti amministratori di condominio a sottoscrivere il contratto.

E oggi? Oggi sono tantissimi i condomini che, per risparmiare, tengono spenti i termosifoni. Questo l’amaro sfogo di cittadini che vivono con il terrore di non riuscire a pagare le spese e che girano per casa con il maglione e la coperta sulle spalle. Benvenuti nell’era del freddo sostenibile. E pensare che alla Telcha partecipa anche  CVA la società di proprietà della Regione che poco fa per contenere i costi anche se ha concesso alla società del telerisclmanete agevolazioni e facilitazioni nella realizzazione delle condotte.

Ma parlando con i responsabili delle associazioni dei consumatori emerge un quadro ancora più allarmante. L’ultima novità che sta scuotendo la Valle è la TARIP, la nuova tassa rifiuti che, oltre ad aumentare notevolmente il costo del “servizio”, sta complicando in modo sconcertante la vita dei cittadini.

Soprattutto delle persone anziane che vivono in case popolari, spesso con balconcini ridotti su cui tenere i mastelli dei rifiuti e abitazioni prive di ascensore. Immaginate la scena: ottant’anni suonati, terzo piano senza ascensore, quattro mastelli da portare su e giù. Un servizio davvero a misura di cittadino.

Nei piccoli comuni, poi, la gestione ibrida (o “mista”, che dir si voglia) con Molok e mastelli sta provocando un vero marasma. A sentire alcuni amministratori comunali, sarebbe davvero necessario fare il punto della situazione e, a bocce ferme, trovare soluzioni. Perché questo sistema fa acqua da tutte le parti. O meglio, fa spazzatura ovunque.

Ma non basta. Sono molti i cittadini, anche nei piccoli comuni, che guardano con sempre maggior sospetto questa nuova creatura istituzionale chiamata SEV, che dovrebbe occuparsi, su tutto il territorio regionale, della gestione delle acque. Le prime voci raccolte in alcuni comuni parlano apertamente di grande malcontento: bollette in crescendo, servizi scadenti. Il solito copione: monopolio, tariffe alle stelle, qualità discutibile.

Insomma, a farla breve: tra riscaldamento carissimo, affitti proibitivi, servizi cari e malfunzionanti, costo della vita sempre in aumento e stipendi fermi, la Valle d’Aosta sembra un’isola fortunata solo sulla carta. O meglio, solo in certe percentuali.

Perché sì, è vero che abbiamo il tasso di disoccupazione più basso d’Italia, circa il 6%. Ed è vero che abbiamo un’occupazione pubblica tra le più alte, tra il 30 e il 35%. Ma è anche vero che gli stipendi nel settore privato sono tra i più bassi del Paese.

In pratica, la Valle d’Aosta è una regione dove quasi tutti lavorano, ma molti lo fanno per lo Stato. E chi lavora nel privato spesso guadagna meno della media nazionale. Un paradosso tutto valdostano: tra Regione, Comuni, Comunità montane, USL e altre istituzioni statali e regionali, il posto fisso pubblico sembra essere l’unica salvezza in un mare di stipendi da fame.

E allora viene da chiedersi: dov’è finita l’isola felice? Quella Valle d’Aosta dove la qualità della vita era alta, i servizi funzionavano e il costo della vita era compensato da stipendi dignitosi?

Forse è rimasta solo nei dépliant turistici. O nei discorsi elettorali. Perché la realtà quotidiana dei valdostani è ben diversa: case fredde per risparmiare sul riscaldamento, anziani che fanno le scale con i mastelli, bollette sempre più salate e stipendi che non crescono mai.

Benvenuti nell’isola felice. Portate il maglione.

Vittore Lume-Rezoli

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