Il colosso di porfido della Pala di Santa, posto a sud del gruppo del Latemar, è una montagna inusuale nel contesto dolomitico. Non sembra avere nulla a che vedere con le guglie slanciate della parte centrale del Latemar, ma risulta più simile alla non lontana catena porfirica del Lagorai. Dal grande pianoro della vetta è possibile ammirare un esteso panorama verso le Alpi Centrali. Grazie all’esposizione meridionale del sentiero si può salire agevolmente alla Pala di Santa da giugno fino all’autunno inoltrato.
La Pala di Santa a destra e il Gruppo del Latemar (ph. M. Carlesso)
Gli ultimi chilometri che conducono al Passo di Lavazè, da dove parte l’itinerario, procurano una stretta al cuore per via delle migliaia di piante di abete rosso atterrate nel 2018 dalla tempesta Vaia.
Vale la pena sottolineare che il disagio suscitato da una simile visione non può essere attribuito solo alla furia di una natura ostile, ma anche alla disattenzione con cui l’uomo ha popolato la montagna con una monocultura di peccio (Picea abies) che, a fronte di un evento catastrofico, non ha avuto alcuna possibilità di opporre resistenza. Per fortuna, l’esperienza e gli errori insegnano, tanto che da allora si è iniziato a riforestare con grande varietà di essenze boschive, abbandonando la superficiale e pericolosa tradizione monoculturale.
Salita alla Pala di Santa
Dal Passo di Lavazè (m 1.802), caratterizzato dalla presenza di un laghetto, appare ben visibile la grande mole della Pala di Santa.
Ci si avvia lungo la larga carrareccia che si sviluppa verso oriente. Superati i prati che caratterizzano l’area circostante il valico, si entra nel bosco di conifere che, nei tratti meno fitti, consente una bella vista sui gemelli del Passo Oclini: il Corno Bianco e il Corno Nero.
In breve si raggiunge la cosiddetta Busa da la Neve (m 1.892), dove si abbandona la forestale per mantenere il segnavia 574, risalendo il sentiero che resta nel bosco fino in località Le Tombole (m 2.065), dove si abbandona il percorso verso l’Alpe di Pampeago per volgere a sinistra (cartello indicatore).
Per un tratto si prosegue ancora nel bosco, che si abbandona per rimontare l’ampia cresta prativa sud-occidentale della montagna.
Il crinale di salita (ph. M. Carlesso)
Nei pressi di un rudere appare distintamente la cima con l’elevazione che la precede. La vista ora spazia sul Corno Bianco e sul Corno Nero, nonché sulla Val di Fiemme e sui gruppi dolomitici. Si procede tra prati e rocce porfiriche e, con un breve percorso più ripido tra caotici affioramenti rocciosi, si guadagna l’anticima.
Da qui appare netto il crinale sul quale corre elegantemente il sentiero, in un ambiente vasto e aperto ad orizzonti sempre più ampi. Si può anche osservare distintamente il Passo di Lavazè.
Nell’ultimo tratto il sentiero abbandona il filo di cresta per obliquare a sinistra, evitando il salto roccioso sommitale. Sempre su pietrame, si sale in diagonale uscendo sull’ampio prato sommitale della vetta, sul cui punto più alto svetta la grande croce.
La croce del pianoro sommitale (ph. M. Carlesso)
Il paesaggio si apre verso il settore principale del Latemar, la Val di Fiemme, le cime dolomitiche della sinistra orografica della Val di Fassa, i Corni del Passo Oclini sempre presenti e, sfumate in lontananza, le catene glaciali di confine con Svizzera e Austria.
Il rientro si effettua a ritroso sul percorso di salita.
I Corni del Passo Oclini salendo alla Pala (ph. M. Carlesso)
LA SCHEDA
Partenza: Passo Lavazè – 1.802 m (raggiungibile da Cavalese imboccando la strada per Passo Lavazè, dove si trova ampia possibilità di parcheggio libero)
Arrivo: Pala di Santa – 2.488 m
Dislivello: 690 m circa
Tempo: 2h (solo salita)
Difficoltà: E













