Anche in Valle d’Aosta la privatizzazione della sanità non è un fenomeno teorico: i numeri lo confermano. Nel 2024 la quota di spesa pubblica destinata al privato convenzionato raggiunge appena il 7,7%, molto al di sotto di regioni come il Lazio (29,3%) o la Puglia (22%). «Questo dato dimostra chiaramente che in Valle d’Aosta il pubblico arretra e lascia spazi vuoti che i privati non sempre riescono a colmare», osserva Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe.
La spesa out-of-pocket, ossia quella sostenuta direttamente dalle famiglie, raggiunge il 22,3% della spesa sanitaria totale, in linea con la media nazionale, ma in un contesto valdostano la limitata disponibilità di strutture pubbliche e private convenzionate rischia di costringere i cittadini a rivolgersi a strutture private “pure”, con costi completamente a loro carico. «Non si tratta solo di numeri – sottolinea Cartabellotta – ma di disuguaglianze concrete nell’accesso alle cure, soprattutto per chi ha redditi bassi o vive in zone meno servite».
Dal punto di vista delle strutture private convenzionate, la Valle d’Aosta mantiene un numero limitato di presidi rispetto ad altre regioni: il 58% delle strutture censite in regione sono private accreditate, come nel Lazio e in Puglia, ma il loro numero assoluto è molto inferiore, creando un effetto di concentrazione dei servizi. In Calabria, regione con un quadro simile a quello valdostano in termini di risorse pubbliche, la spesa destinata al privato convenzionato è leggermente più alta (18,9%), mentre il Lazio raggiunge quasi il 30%, a dimostrazione di un diverso equilibrio tra pubblico e privato.
Secondo Gimbe, la tendenza è chiara: il pubblico arretra, i privati occupano spazi vuoti, e le famiglie pagano la differenza. «Negli ultimi anni – evidenzia Cartabellotta – quasi un euro su quattro di spesa sanitaria viene sostenuto direttamente dai cittadini. In Valle d’Aosta, con l’offerta pubblica più limitata, questo fenomeno è ancora più marcato».
La Fondazione invita a un rilancio stabile del finanziamento pubblico e a regole chiare per l’integrazione con il privato, per evitare che la sanità diventi un servizio a due velocità. «Se non si interviene, le disuguaglianze cresceranno, e chi non può permettersi il privato rischia di restare indietro», conclude Cartabellotta.













