Ad Aosta i bookmaker improvvisati, quelli che passano più tempo nei bar davanti al municipio che in ufficio, hanno già lanciato le loro quote: la coppia Girardini-Furci del centrodestra sarebbe la favorita per guidare il Comune. Non si parla di pronostici scientifici, ma di quell’alchimia di sguardi, caffè corretti e “ho sentito dire” che alimenta la politica nostrana. Le cifre circolano: ??,??% per il centrodestra, ??% per il centrosinistra, ??% perla sinistra che non vogliono dichiararsi né di qua né di là, e l’immancabile ?% per i soliti “altri”, cioè parenti, cugini e amici degli amici che non resistono al richiamo del cartellone elettorale.
Il punto è che Girardini appare come un politico atipico. Capace, con idee chiare, quasi un alieno rispetto al linguaggio ingessato che circola nelle sale consiliari. A tratti ricorda Giuseppe Conte, il professore diventato premier. Ma qui arriva il “ma”: gli alleati. Sì, perché attorno a lui si agitano figure ben più scafate e abituate a comandare con il manuale Cencelli sotto braccio.
La Lega non perde occasione di mostrarsi pronta a difendere un’identità che spesso sfiora l’ossessione: razzismo, omofobia e nostalgie da dogana di confine non hanno molto a che fare con lo spirito di apertura e multiculturalismo che Girardini sembra incarnare. E poi ci sono i Fratelli d’Italia, campioni di retorica patriottica e muscolare, che in una città come Aosta rischiano di sembrare l’antitesi di una società solidale. Un equilibrio difficile, quasi impossibile: o Girardini vince con numeri stratosferici che gli consentono di dettare le regole, oppure sarà costretto a trasformarsi in equilibrista per non farsi travolgere dalle pretese degli alleati.
Intanto, tra le indiscrezioni da corridoio, c’è chi scommette sul ritorno di vecchi assessori sotto mentite spoglie civiche, con lo slogan già pronto: “Non ero io, era il mio gemello cattivo”. Si mormora di liste civetta arruolate direttamente nei supermercati col metodo del 3x2: “prendi due candidati, il terzo è gratis”. Non mancano i giovani pronti a buttarsi nella mischia, convinti che le elezioni si vincano a colpi di stories su Instagram, e un aspirante sindaco-influencer che sogna di sostituire i tagli del nastro con dirette Facebook dal trolley sempre in vista, per sembrare in missione continua.
Il vero spettacolo, però, non sarà il voto, ma il dopo. Perché ad Aosta non basta vincere: bisogna governare senza farsi divorare dagli alleati. E lì sì che servirà non un Girardini, ma un Houdini.













