Dopo settimane di tensioni giuridiche e politiche, il Tribunale ordinario di Aosta ha posto fine — almeno per ora — alla querelle sulle regole del voto regionale. Con un’ordinanza depositata lunedì 15 settembre, la giudice Giulia De Luca ha respinto il ricorso d’urgenza presentato da Avs-Rete civica, che contestava l’applicabilità immediata della nuova legge elettorale. Risultato: il 28 settembre gli elettori valdostani potranno esprimere fino a tre preferenze, a patto che almeno una sia per un candidato di genere diverso.
“Questa decisione conferma la correttezza e la bontà dell’operato dell’amministrazione” ha commentato in una nota la Presidenza della Regione, che sin dall’inizio aveva difeso l’immediata applicazione della legge approvata il 27 febbraio 2025 e confermata dal referendum del 10 agosto.
Secondo Palazzo, la norma introduce semplicemente un allineamento con la disciplina già vigente per le elezioni comunali, rafforzando la rappresentanza di genere e garantendo maggiore libertà all’elettore.
Diverso il tono dalle fila di Avs-Rete civica. L’ex assessore Elio Riccarand, oggi coordinatore del movimento, non nasconde l’amarezza: “Prendiamo atto dell’ordinanza, che ovviamente non ci soddisfa. Non faremo reclamo perché non vogliamo creare turbamento a ridosso del voto, ma restano tutte le nostre riserve politiche”.
Più tecnico l’intervento del costituzionalista Giovanni Boggero, legale dei ricorrenti: “Si tratta di un precedente poco incoraggiante per la giustizia elettorale. La giudice ha ritenuto di escludere la giurisdizione del giudice ordinario su questioni che riguardano diritti soggettivi. È un’interpretazione restrittiva. Tuttavia, almeno un obiettivo è stato raggiunto: chiarire prima del voto quale legge si applica”.
Nel dispositivo, la giudice De Luca ricostruisce il nodo giuridico: “Le operazioni di voto devono ritenersi regolate dalla legge regionale n. 27/2025”, in vigore dal 10 agosto dopo il referendum confermativo.
Secondo il tribunale, non si può formulare un giudizio di probabile fondatezza del ricorso perché la regola in materia elettorale è l’immediata applicabilità della norma sopravvenuta. In altre parole: la legge vale subito e vale anche per le elezioni in corso.
Non solo. Per la giudice non c’è neppure un “pregiudizio grave e irreparabile”, perché eventuali contestazioni potranno essere proposte dopo il voto davanti al giudice amministrativo.
Il rigetto del ricorso non si limita all’aspetto politico. Avs-Rete civica è stata condannata a pagare 5.224 euro di spese legali in favore della Regione, oltre oneri accessori. Una cifra che pesa, simbolicamente e materialmente, su un movimento piccolo ma combattivo.
Il verdetto chiude un capitolo acceso, ma lascia aperte alcune domande. Da un lato, la Regione può rivendicare la solidità della propria linea, corroborata dal voto popolare e dal timbro del tribunale. Dall’altro, resta la sensazione che la giustizia ordinaria abbia scelto di non entrare nel merito delle questioni costituzionali, lasciando al giudice amministrativo l’eventuale partita post-elettorale.
“È stata fatta chiarezza, ma solo a metà” commentano in privato alcuni osservatori vicini all’opposizione.
Il 28 settembre i valdostani voteranno dunque con la scheda a tre preferenze. È una piccola rivoluzione rispetto al passato, che potrebbe incidere sugli equilibri interni dei partiti e sulla composizione del prossimo Consiglio regionale. Una norma nata per favorire la rappresentanza femminile, ma che inevitabilmente si porta dietro la scia di un contenzioso che ha monopolizzato per due mesi il dibattito politico e giudiziario.
Alla fine, la Valle d’Aosta entra in campagna elettorale con una certezza: le regole del gioco non si cambieranno più. Le urne diranno se le tre preferenze, pensate per ampliare la scelta dei cittadini, diventeranno uno strumento di reale pluralismo o l’ennesimo terreno di scontro nella fragile democrazia valdostana.











