/ Salute in Valle d'Aosta

Salute in Valle d'Aosta | 04 luglio 2025, 14:10

Carenza di pediatri: una bomba a orologeria anche in Valle d’Aosta

Nonostante il crollo delle nascite, in Italia mancano oltre 500 pediatri di famiglia. E la situazione non è rassicurante nemmeno in Valle d’Aosta, dove la montagna più alta si chiama continuità assistenziale

Carenza di pediatri: una bomba a orologeria anche in Valle d’Aosta

La fotografia scattata dalla Fondazione GIMBE è nitida, ma poco rassicurante: al 1° gennaio 2024 mancano all’appello 543 Pediatri di Libera Scelta (PLS) in Italia, la stragrande maggioranza concentrata in Lombardia, Piemonte e Veneto. Ma se è vero che i numeri assoluti raccontano emergenze macroscopiche nelle regioni più popolate, anche nei piccoli territori come la Valle d’Aosta la situazione è tutt’altro che marginale. Anzi, è strutturalmente fragile.

In Valle, secondo l’analisi, manca già oggi almeno un pediatra rispetto al fabbisogno teorico, calcolato con il rapporto ottimale di 1 pediatra ogni 850 assistiti (come previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale). Ma questo è solo l’inizio.

Entro il 2028, tre degli attuali pediatri di libera scelta valdostani raggiungeranno i 70 anni, ovvero l’età massima per rimanere in attività. In un sistema già al limite, perdere tre figure in cinque anni rappresenta una vera e propria bomba a orologeria. Soprattutto in un territorio dove — per orografia e dimensioni — sostituire un professionista non è semplice, né attrattivo.

«Il problema non è solo quanto mancano, ma come e dove mancano» spiega il presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta. In effetti, i dati confermano che la carenza non si distribuisce in modo uniforme, e il rischio più grande è quello di lasciare scoperti ambiti montani o periferici, dove la presenza di un pediatra può fare la differenza tra un accesso in ambulatorio e un ricorso improprio al Pronto Soccorso.

Il numero medio di assistiti per ogni pediatra in Valle d’Aosta è pari a 950 bambini, un dato superiore alla media nazionale (900) ma ancora sotto la soglia massima prevista dal contratto (1.000). Tuttavia, questo dato nasconde una fatica crescente: più bambini per ogni professionista significa meno tempo a disposizione, meno possibilità di seguire i casi complessi, più pressioni sulle famiglie, soprattutto nei comuni più distanti da Aosta.

E se si guarda all’età degli assistiti, emerge un altro elemento significativo: il 78,3% dei bambini seguiti ha più di 5 anni. Un dato solo lievemente inferiore alla media nazionale (81,2%), ma che evidenzia come il lavoro del pediatra si stia trasformando in un’assistenza “quasi generalista”, che accompagna bambini e preadolescenti per lunghi tratti, con bisogni sanitari sempre più complessi.

Parlare di carenza pediatrica in un Paese con sempre meno bambini può sembrare un paradosso. Ma non lo è affatto. Il calo delle nascite non comporta automaticamente un alleggerimento del lavoro dei pediatri. Al contrario: i pochi bambini che nascono richiedono una presa in carico sempre più attenta, spesso segnata da patologie croniche, bisogni speciali, o da una crescente domanda di supporto psicologico e relazionale, anche da parte dei genitori.

A questo si aggiunge un altro nodo irrisolto: la formazione dei nuovi pediatri. Le borse di studio negli anni passati sono state insufficienti e, anche dove sono aumentate, servono almeno 5 anni perché un medico possa entrare in servizio come pediatra di libera scelta. Il rischio? Che i pensionamenti arrivino prima dei rinforzi.

In Valle d’Aosta, come in altre regioni alpine, la capillarità del servizio è fondamentale. I pediatri non lavorano solo negli ambulatori: sono un punto di riferimento per le famiglie, garantiscono l’assistenza domiciliare, segnalano i casi più delicati ai servizi sociali. La loro scomparsa dai piccoli comuni rischia di creare vuoti assistenziali drammatici. Chi si occuperà dei bambini di Saint-Rhémy o di Fontainemore, quando il pediatra andrà in pensione?

La risposta a questa domanda dovrebbe già essere scritta nei piani regionali. Ma ad oggi, le soluzioni non sono né strutturate né a portata di mano. Serve un piano straordinario — come proposto da GIMBE — che rimoduli l’accesso alla professione, favorisca la formazione mirata, e metta in campo incentivi per i giovani medici che scelgano di lavorare in territori disagiati. E serve subito.

Il est grand temps d’agir. La santé des enfants ne peut pas attendre la retraite du dernier pédiatre.

pi.mi.

Prima Pagina|Archivio|Redazione|Invia un Comunicato Stampa|Pubblicità|Scrivi al Direttore