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CULTURA | 21 giugno 2025, 16:30

DITSIOUNÈRI DE LA MODA DOU GÒBI: Le parole che fanno identità

A Gaby nasce un’opera monumentale collettiva. Le radici linguistiche diventano patrimonio vivo da coltivare, giorno dopo giorno. Nel pomeriggio il DITSIOUNÈRI DE LA MODA DOU GÒBI è stato presentato al presidente della Regione, Renzo testolin

DITSIOUNÈRI DE LA MODA DOU GÒBI: Le parole che fanno identità

"Un popolo che perde le sue parole perde se stesso."
Potremmo partire da qui, da questa verità semplice e disarmante, per raccontare cosa accadrà domenica 29 giugno 2025, alle ore 15, nella Sala Polivalente Palatz di Gaby. Quel giorno non verrà soltanto presentato un libro: verrà celebrata l’anima di un’intera comunità, raccolta, parola dopo parola, nel “Ditsiounèri de la Moda dou Gòbi”, il dizionario del patois di Gaby, realizzato da Etty De La Pierre e Paola Alberta Lazier per i tipi di Tipografia Duc Saint-Christophe.

Non è un'opera come le altre. A differenza di tanti dizionari locali, spesso redatti da singoli studiosi o appassionati, il dizionario del patois di Gaby è un atto collettivo di memoria. È il risultato di un lavoro corale: 110 testimoni, 21.150 testimonianze orali, 7.500 lemmi, 3.170 etimologie, 1.000 varianti, 175 toponimi. È come se l’intero paese avesse deciso, in silenzio e con tenacia, di scolpire su carta la propria voce. Una sorta di corale della memoria, fatta di sinonimi e contrari, diminutivi e alterati, nomi di battesimo e soprannomi, microtoponimi e proverbi, per non perdere ciò che definisce l’essere, prima ancora che il dire.

Il presidente della Regione, Renzo Testolin, nelle premesse lo ha definito un progetto “monumentale”, sottolineando come “le patois de Gaby a depuis longtemps constitué un véritable défi pour les linguistes”. Ed è vero: la lingua di Gaby, nella sua specificità, si è sempre mostrata sfuggente, varia, quasi inafferrabile. Un lessico in continua mutazione, stratificato nei secoli, sospeso tra terra e cielo, tra gli echi del franco-provenzale e le cadenze delle valli. Raccoglierlo in un volume, spiegarlo, mapparlo, è stato un gesto rivoluzionario nella sua umiltà.

Le autrici, Etty De La Pierre e Paola Alberta Lazier, non nascondono la fatica: “Non avevamo idea della vastità del lavoro necessario per redigere un dizionario. È stato un compito lungo e certosino. La fatica di fronte all’imponente patrimonio linguistico di Gaby ci ha letteralmente sommerse con la sua grandezza.”

Ostacoli? Tanti. Primo fra tutti la pandemia, che ha reso difficile il lavoro sul campo, impedendo incontri, interviste, confronti. Ma la volontà ha avuto la meglio. Dal 2014, quando Gaby risultava l’unico comune dell’alta Valle del Lys a non avere un proprio dizionario, si è accesa una fiaccola, un’urgenza che non era nostalgia ma consapevolezza: senza parole non si tramanda la vita.

C’è una frase che si adatta perfettamente a questo progetto. La pronunciò Saint-Exupéry: “Nous n’héritons pas de la terre de nos ancêtres, nous l’empruntons à nos enfants”. Non ereditiamo la terra dai nostri avi, la prendiamo in prestito dai nostri figli. Ecco: il dizionario del patois di Gaby non è un mausoleo della lingua, ma un atto d’amore verso il futuro. Un dono alla prossima generazione, affinché possa ancora dire Gaby con le stesse sfumature di chi ha camminato quelle vie nei secoli scorsi.

La Delegazione  Atelier de Gaby, da sn: Laurent Vicquery, Silvio Arman, Ettore Tousco pres. dell'Atelier,  Paola Lazier, Giorgio Consol, François Stevenin 

Una lingua non è mai solo un mezzo di comunicazione. È una visione del mondo, un modo di sentire la realtà. Ogni lemma di questo dizionario racconta una storia, ogni etimologia spalanca un paesaggio. E mentre la modernità impone velocità e semplificazione, quest’opera va in direzione ostinata e contraria: ritrova la lentezza, il dettaglio, il valore delle sfumature. È, in fondo, un promemoria per tutti noi: le radici non sono mai scontate. Vanno annaffiate ogni giorno. Con parole, gesti, memorie.

pi.mi/j-p.sa

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