Bologna, Pesaro, Sesto Fiorentino, poi giù fino a Catania, passando per Ruvo di Puglia… e ci sarebbe un lungo elenco da fare, dai grandi ai piccoli comuni, uniti contro un genocidio dei palestinesi ad opera del Governo israeliano. Tutti loro, che sfidano la solita retorica propagandistica secondo cui, se sei contro Israele e le sue politiche, sei antisemita.
Eppure non passa giorno che sulle televisioni non scorrano immagini terrificanti di bombardamenti, di donne e bambini straziati sotto le bombe, donne violentate, torturate, uomini uccisi per strada senza motivo, ambulanze prese a raffiche di mitra. E non solo: bambini che rovistano nella spazzatura a cercare cibo.
Sì, perché i buoni, democratici, pacifici israeliani hanno bloccato tutti gli aiuti umanitari. E mentre da un lato sentiamo i pianti dei bambini, le urla delle madri e le raffiche di mitra contro le ambulanze, di qua, in Israele, parlano di deportare tutta la popolazione di Gaza. Parlano di una lotta fino alla fine, fino allo sterminio di Hamas. Poco importa se, per uccidere 1.000 terroristi, debbano morire 100.000 innocenti.
Lo stesso Netanyahu ha più volte detto: “Non ci fermeremo”.
In Europa si moltiplicano le manifestazioni per fermare il genocidio dei palestinesi. Ormai, anche presidenti come Emmanuel Macron e Pedro Sánchez si dichiarano apertamente contro Israele e la sua politica. Con parole pesanti, come quelle di Sánchez, che dice pubblicamente: «Non vendiamo armi a chi è responsabile di un genocidio».
Parole molto dure, crude, dirette, che non danno spazio ad ambiguità o interpretazioni. Le sue parole sono una esplicita condanna.
E da noi?
Un silenzio tombale, assordante, verrebbe da dire.
Non un solo sussurro tra le nostre vette. 74 comuni che si voltano dall’altra parte. Un’“accozzaglia di Ponzio Pilato”, avrebbe detto Dante, il Sommo Poeta, che definiva “ignavi” coloro che si giravano dall’altra parte.
Che fine ha fatto il pensiero di Émile Chanoux, quando affermava:
«Vi sono dei popoli che sono come delle fiaccole: sono fatti per illuminare il mondo. Generalmente non sono dei grandi popoli a causa del loro numero: lo sono perché portano in essi la verità e l’avvenire.»
Oggi, nessuna fiaccola. Nessun sussurro di condanna contro lo sterminio di migliaia di innocenti si alza tra le nostre vette. Nemmeno una piccola bandiera appesa a un balcone, a testimoniare — se non la condanna — almeno la vicinanza a chi sta soffrendo.
Anche tra le vette imponenti della nostra regione, una volta identitaria, di una popolazione orgogliosa, sempre pronta a sollevare la voce e a combattere soprusi e ingiustizie, ora tutto tace.
Ammutolita. Rinchiusa tra indifferenza e codardia, incapace di alzare la voce e urlare “basta”.
Su tutti cala il sipario dell’ignavia, l’indifferenza che ci rende taciti complici.