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CRONACA | 02 maggio 2025, 15:35

Valle ferita, cuore forte

Richiesta la decretazione dello Stato di Emergenza per l’alluvione del 16 e 17 aprile: oltre 400 i dissesti censiti, 34 milioni di euro i danni stimati. Ma ciò che resta più impresso è la tenacia silenziosa delle comunità valdostane

L'alluvione a Fontainemore

L'alluvione a Fontainemore

C’è un tempo per la paura e uno per la ricostruzione. In Valle d’Aosta, tra il 16 e il 17 aprile scorsi, la paura ha avuto il volto del fango, dell’acqua che scendeva a valle con violenza, dei torrenti che urlavano troppo vicini alle case. In quei due giorni, la montagna – solitamente madre severa ma giusta – ha mostrato il suo lato più impetuoso. Eppure, come spesso accade nelle terre di roccia e di neve, non è bastato a piegare la gente di qui.

Mercoledì 30 aprile, il Presidente della Regione ha formalizzato la richiesta al Governo nazionale per la decretazione dello Stato di Emergenza. Un atto dovuto, verrebbe da dire, ma anche un gesto carico di significato per chi ha spalato il fango, per chi ha visto franare le strade di casa, per chi ancora attende che si possa arrivare ai propri alpeggi.

L’iter era già stato avviato il 17 aprile, all’indomani degli eventi, con il decreto di calamità regionale. Poi il contatto diretto tra il Presidente e il capo del Dipartimento nazionale di Protezione civile, prefetto Fabio Ciciliano, ha accelerato le cose. A supporto della richiesta è stato inviato a Roma un rapporto puntuale, curato dalla Protezione Civile valdostana, con il prezioso contributo del Corpo Forestale, dell’Assessorato alle Opere pubbliche e delle squadre comunali.

I numeri parlano chiaro: oltre 400 interventi su 62 Comuni (su un totale di 74), più di 200 solo quelli urgenti, stimati in circa 15,6 milioni di euro. Il danno complessivo raggiunge i 34,5 milioni, ma è un calcolo ancora provvisorio: alle quote più alte la neve copre ancora ferite che non si possono curare, e molte valanghe hanno tracciato segni profondi che dovranno essere valutati nei prossimi mesi.

Eppure, oltre i numeri, ci sono le storie. Quelle dei sindaci che non hanno dormito per giorni, delle famiglie evacuate, dei bambini che hanno visto strade diventare fiumi. Ci sono gli uomini e le donne della Protezione civile, dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri forestali, degli operai comunali che con pala e coraggio hanno sbarrato le vie alla paura. Nessuno si è voltato dall’altra parte.

La richiesta di emergenza al Governo non è solo una procedura amministrativa. È un modo per dire: ci siamo difesi da soli, ma ora servono aiuti concreti per rialzarci del tutto. E sarebbe bene che da Roma, questa volta, la risposta arrivi chiara, celere e all’altezza del senso di responsabilità che la Valle ha dimostrato.

Il cambiamento climatico – inutile girarci intorno – è ormai un compagno fisso di queste montagne. Le piogge eccezionali, le valanghe fuori stagione, le frane improvvise: non sono più “eventi estremi”, sono il nuovo normale. E allora la Protezione Civile non può essere vista come un’eccezione, ma come una priorità strutturale, da finanziare e potenziare sempre.

In fondo, anche questa volta, la montagna ha parlato. Sta a noi decidere se vogliamo continuare ad ascoltarla solo nei giorni dell’alluvione o imparare, davvero, a rispettarla ogni giorno.

jb.rosset

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