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Chez Nous | 13 novembre 2024, 08:00

Santé en détresse

Senza un adeguato potenziamento delle risorse, e senza riforme di sistema che mettano al centro la sostenibilità del servizio, il SSN finirà per smarrire il suo ruolo fondamentale: quello di garantire a tutti, indistintamente, il diritto alla salute

Santé en détresse

La Manovra 2025 del governo Meloni/Salvini è l’ennesimo colpo inferto a una sanità pubblica già in gravi difficoltà. Ill governo centrale si dimostra ancora una volta incapace di affrontare la gravità della situazione. Non bastano i proclami e le promesse: il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) è ormai sull’orlo del collasso, e le risorse stanziate nella legge di Bilancio 2025 non fanno che confermare quanto le politiche sanitarie del governo siano lontane dalle reali necessità del Paese. Non si tratta più di un malcontento di pochi addetti ai lavori, ma di un dato oggettivo che, come sottolineato dal presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha risvolti drammatici per milioni di cittadini.

Con il finanziamento pubblico destinato alla sanità che scende al 5,9% del PIL nel 2027, toccando il minimo storico, il governo sembra ignorare completamente le raccomandazioni dell’OCSE, che indicano un incremento annuo del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) almeno del 2,6%. L’incremento previsto dalla Manovra 2025, che si limita a un misero 1% per il 2025, è di gran lunga insufficiente a garantire l’equità e l’universalità del servizio. Eppure, a fronte di una crescita del PIL che, per quanto incerta, continua a mostrare segni di ripresa, il governo ha deciso di ridurre la parte di ricchezza destinata alla salute pubblica, una scelta che va contro ogni logica di welfare. Quella che emerge da questa Manovra è una visione miope, che punta a risolvere l’emergenza a breve termine senza pensare a una sostenibilità a lungo periodo.

Le parole di Cartabellotta, durante l’audizione con le Commissioni Bilancio di Camera e Senato, sono state chiare e inequivocabili: "Le risorse stanziate non bastano a risollevare un Servizio Sanitario Nazionale in grave affanno". È un monito che non può essere ignorato, ma che sembra cadere nel vuoto. Perché il problema non è solo il taglio delle risorse, ma il modo in cui queste vengono gestite e presentate: il governo, infatti, non solo ha previsto incrementi esigui, ma ha fatto passare il messaggio che il FSN stia aumentando, senza chiarire che in realtà si tratta di un incremento molto inferiore rispetto alla crescita economica, e di una percentuale sempre più bassa del PIL. Questo tipo di comunicazione, fuorviante e demagogica, non fa che alimentare il rischio di una crisi sistemica, mentre i cittadini vengono chiamati a sopportare sempre più costi per servizi che dovrebbero essere garantiti dallo Stato.

Il divario tra le risorse stanziate e quelle realmente necessarie, che supera i 19 miliardi di euro entro il 2030, è enorme e il rischio che le Regioni siano costrette a tagliare servizi è concreto. I rincari dell’assistenza sanitaria privata, il disinteresse verso l’assunzione di nuovo personale sanitario, e la continua penalizzazione delle strutture pubbliche sono la diretta conseguenza di questa politica miope e carente. Non ci sono investimenti per attrarre professionisti, non ci sono risorse per affrontare le emergenze legate alla carenza di medici e infermieri, e soprattutto, non ci sono risorse per ridurre il payback sui dispositivi medici e per garantire l’accesso a farmaci innovativi.

A fronte di queste gravissime lacune, l’approccio del governo sembra quasi voler fare della sanità un terreno di scontro politico, come denunciato dallo stesso Cartabellotta. La proposta di rinviare il rifinanziamento del SSN a colpi di slogan e senza una reale volontà di riforma rischia di provocare danni irreparabili.

La sanità, come il resto del welfare, non può essere un terreno di gioco per il populismo. La politica non può accontentarsi di fare della sanità una bandiera, senza mettere in campo scelte coraggiose e risorse adeguate per salvarla dal collasso.

Nel corso degli anni, le diseguaglianze nell'accesso ai servizi sanitari sono aumentate, e con esse le difficoltà per le famiglie italiane di sostenere i costi delle cure. Le soluzioni proposte dalla Fondazione Gimbe, che vanno dalla riallocazione delle risorse pubbliche a un’imposizione fiscale mirata su prodotti dannosi per la salute, sono misure concrete che il governo dovrebbe seriamente considerare, ma è difficile non notare che una certa reticenza politica nel prendere decisioni radicali ha prevalso su ogni altra esigenza. La proposta di Cartabellotta di introdurre una "sana riforma" della sanità integrativa, che possa alleggerire il carico sui cittadini, è altrettanto urgente, eppure finora è stata messa in secondo piano.

Il punto critico resta, però, il disegno di riforma dell’intero sistema.

Senza un adeguato potenziamento delle risorse, e senza riforme di sistema che mettano al centro la sostenibilità del servizio, il SSN finirà per smarrire il suo ruolo fondamentale: quello di garantire a tutti, indistintamente, il diritto alla salute. Il piano del governo non solo non si avvicina a questo obiettivo, ma anzi lo allontana sempre di più, con il rischio che l’Italia veda la sua sanità pubblica ridotta a un sistema di esclusioni e disuguaglianze, con il declino delle prestazioni universali che oggi fanno parte della nostra Costituzione.

Se non si cambia rotta, come giustamente affermato da Cartabellotta, non resterà che assistere impotenti al progressivo smantellamento del sistema sanitario nazionale, con tutte le drammatiche conseguenze che questo comporterà per i cittadini italiani.

piero.minuzzo@gmail.com

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