Riteniamo utile (e forse doveroso) intervenire rispetto alle tante informazioni circolate in questi ultimi tempi rispetto all’andamento di alcuni servizi sanitari locali. Soprattutto per quanto riguarda il Pronto Soccorso e i citati periodi di maggiore afflusso turistico.
Quasi sempre, infatti, si attribuiscono le difficoltà operative all’aumentata attività stagionale.
Non sempre, però, queste motivazioni risultano corrette. Sembrano più una scusante. Prendiamo il caso del movimento turistico.
Nel recente mese di luglio i dati regionali segnalano 582.948 presenze. Nel 2006 erano 556.936 e 10 anni fa (2014) erano 444.528.
Nel dopo-Covid sono leggermente aumentate: 576.210 nel 2022 e 612.422 nel 2023.
Un andamento altalenante che ha oscillato, in questi ultimi 20 anni, tra un +15 e un -15%. Non un grandissimo scostamento. O, almeno, non uno scostamento così evidente da far gridare al rischio di ingolfamento imprevisto del Pronto Soccorso.
Qualche differenza in più si può rilevare nel movimento invernale quando, analogamente, si parlava di difficoltà del Pronto Soccorso ad accettare tutti i pazienti.
Le presenze di gennaio 2024 sono state 454.327. Nel 2006 furono 353.129. E qui la differenza è abbastanza importante. Però nel dopo-Covid i dati tornano ad essere sinusoidali: 311.173 nel 2022 e 403.727 nel 2023. Alla fine nel triennio 2023/2024 la crescita media è del 15% annuo. Ancora una volta ci tocca dire che queste variazioni non sono un effetto sconosciuto e rapido, ma programmabile.
Se l’analisi si estende a tutto il periodo invernale si rileva che si passa da 1.702.880 presenze del 2018/2019 a 1.660.654 del 2023/2024. Quindi dov’è il punto di tragicità del sistema? Tutto questo per dire che, probabilmente, anche gli organi di informazione quando riportano il grido d’allarme dell’Azienda Sanitaria, invece di prendere i comunicati e pubblicarli “paro-paro”, forse farebbero un servizio migliore ai cittadini se approfondissero le informazioni che ricevono.
Stessa cosa per gli accessi al Pronto Soccorso.
Nel 2013 (quindi una decina di anni fa) le prestazioni complessive furono 47.955 (sempre secondo i dati ufficiali del Ministero della Salute). Nel 2022 sono state 39.169.
E allora come si spiegano tutti questi allarmismi e gli inviti alla popolazione ad usare con maggiore attenzione le strutture dell’emergenza?
Forse una prima risposta può venire dall’analisi dei posti letto ospedalieri che erano 487 (+ 2 a pagamento) nel 2013 e 432 nel 2022: 57 posti letto in meno che, probabilmente, nel periodo PRE e POST Covid avrebbero fatto molto comodo anche per smaltire molte delle attuali e lunghe liste d’attesa.
Carenza di personale.
Sempre studiando i dati, vengono a cadere anche molte delle informazioni veicolate che vogliono il Servizio Sanitario regionale in crisi a causa della carenza di personale.
Forse anche questo è un dato fatto circolare ad arte per nascondere altre carenze gestionali e manageriali.
Secondo le tabelle del Ministero della Sanità, nel 2012 i dipendenti dell’USL erano 2063 di cui 1319 nel ruolo sanitario (343 medici e 652 infermieri). Dieci anni dopo (2022) i dipendenti totali sono 2051 (12 in meno) di cui 1289 sanitari (30 in meno) e tra questi 295 medici (48 in meno) e 675 infermieri (addirittura 23 in più).
Quindi dove sono le responsabilità se, oggi, la Sanità valdostana funziona meno bene di 10 o 20 anni fa visto che non si possono chiamare in causa l’altalenarsi delle presenze turistiche o le carenze di personale? Restano le difficoltà oggettive dei posti letto che, evidentemente, non si possono risolvere aprendo/chiudendo/spostando reparti nel vecchio Parini e neppure con l’eventuale progetto di ampliamento sull’area archeologica.
Come mai di tutto ciò non si riesce a parlarne serenamente, magari in un confronto pubblico, con i decisori regionali per cercare di capire come organizzarsi per offrire ai valdostani una Sanità migliore?