Un fenomeno climatico straordinario ha colpito il Monte Bianco, con la temperatura dell’aria che è rimasta sopra lo zero per ben 33 ore consecutive, un record mai registrato prima a quella quota. Questa anomalia, rilevata ai 4.750 metri del Colle Major dalla centrale meteorologica di Arpa Valle d’Aosta, rappresenta un segnale preoccupante del cambiamento climatico in atto. Marco Cappio Borlino, direttore tecnico dell’agenzia, come riportato dall'ANSA in un lancio firmato da Thierry Pronesti, che è “veramente anomalo” osservare un periodo così lungo senza il consueto gelo notturno. La conseguenza diretta di questa mancanza di freddo notturno è la fusione accelerata di neve e ghiaccio, con effetti devastanti per i ghiacciai della regione.
Il fenomeno non è limitato al Monte Bianco. Sabato scorso, la quota dello zero termico in Piemonte ha raggiunto i 5.206 metri, avvicinandosi al record del 2015 di 5.296 metri. Anche sulla Marmolada, agli oltre 3.200 metri della stazione di Punta Rocca, le rilevazioni automatiche di Arpa Veneto hanno registrato una temperatura minima di 7,4 gradi, un valore insolitamente alto per questa altitudine.
La situazione climatica in alta quota è resa ancor più drammatica dalla constatazione che durante le 33 ore di "caldo in alta quota", la temperatura è anche salita oltre i 4 gradi. Cappio Borlino sottolinea che ciò che colpisce di più è l’assenza di abbassamenti notturni della temperatura, poiché generalmente le escursioni termiche tra giorno e notte sono più marcate, con notti fredde seguite da giornate calde. Quest’anno, tuttavia, non c’è stata questa variazione, e le temperature elevate hanno portato a una “veloce riduzione della copertura nivale”, che inizialmente aveva fatto ben sperare per lo stato di salute dei ghiacciai valdostani.
Il caldo estremo ha colpito anche altre località montane. Alla Capanna Margherita, sul Monte Rosa, a 4.554 metri di altitudine, il termometro ha toccato i 9 gradi, solo due decimi in meno rispetto al record dell’estate scorsa e tre sotto il primato del 2015. Secondo Barbero, direttore generale di Arpa Piemonte, “l’abbondante copertura nevosa ancora presente alle alte quote si sta trasformando e riducendo rapidamente, liberando grandi quantità di acqua di fusione”. Questo rapido scioglimento del ghiaccio non solo contribuisce alla riduzione delle masse glaciali, ma può anche avere impatti significativi sul ciclo idrologico e sull’ecosistema montano.
Questi eventi climatici estremi mettono in luce la vulnerabilità dei ghiacciai alpini al cambiamento climatico e l’urgenza di adottare misure di adattamento per mitigare i danni. La rapida fusione dei ghiacciai non solo influisce sull’ambiente montano, ma ha anche ripercussioni su risorse idriche cruciali per le popolazioni che vivono a valle. Il monitoraggio continuo e l’analisi approfondita di tali fenomeni saranno essenziali per comprendere meglio l’evoluzione del clima e per sviluppare strategie efficaci di conservazione.